L’ORA DEL LUPO (Vargtimmen) del 1968 di Ingmar Bergman

 

E’ possibile vedere tutto il cinema onirico, allucinogeno ed estremo weird degli ultimi 50 anni in un colpo solo? ….. assolutamente sì! Basta guardare L’ORA DEL LUPO di Ingmar Bergman in un orario ben definito della giornata, tra la notte e l’alba. È l’ora in cui molte persone muoiono, quando il sonno è più profondo e quando gli incubi sono più reali …. l’ora del lupo appunto!
Spartiacque assoluto del cinema estremo ‘moderno’ amante dell’inconscio e dei mostri che nascono e crescono in quel limbo indefinito tra sogno e lucidità, immaginazione e fantasia, ossessione e realismo glaciale.
Johan e Alma Borg sono una coppia di sposi si stabilisce su un’isola semideserta. Lui, un pittore schivo di fama internazionale, in preda ad un forte esaurimento nervoso, è assalito da incubi spaventosi, mentre lei, dopo avere cercato di aiutarlo e assecondarlo, ne resta influenzata. Ad aumentare l’ansia che attanaglia quotidianamente la coppia, il proprietario del castello, un nobile decadente, invita la coppia a cena nel suo castello. Da lì in poi, parallelamente alla scoperta del diario del pittore da parte della moglie, inizierà per l’artista un viaggio estremo e doloroso nei ricordi e nel suo inconscio alquanto turbolento…
Una pellicola che pone le basi di tutto il cinema estremo (di spessore e qualità) degli ultimi 5 decenni del cinema, capace di coniugare frangenti shock con altri deliranti, mescolando sapientemente realtà e immaginazione, trasformando quest’ultima in qualcosa di reale e consistente, nonostante la messa in scena apparentemente weird e bizzarra. La solidificazione degli incubi primordiali, infantili ed adolescenziali, troverà in questa superlativa pellicola di un gigante della storia del cinema come Bergman la sua forma horror più congeniale, capace appunti di trasformare i frammenti del protagonista in una visione prima onirica alla tragedia più pura, quella affiancata da uno spettatore (una in questo caso) inerme ed incapace di aiutare ed interagire. Se la compagine del castello che ospita i Borg finirà per eccedere nella follia e nel bizzarro sempre più inquietante, sono i numerosi monologhi magnetici, sempre più inquietanti, ad attirare (oltre ai quadri di Johan non visti ma immaginati) costantemente la nostra attenzione, sfociata nel finale in una scena volutamente scioccante e horror, al fine di colpire in maniera decisiva la nostra mente, piacevolmente martellata dalla moltitudine di immagini e sequenze terrificanti ed angoscianti che l’hanno preceduta. Una storia di base semplice, frammentata però su diversi piani e strati immaginari e visionari, a dimostrazione della complessità della natura umana, delle difficoltà oggettive e verità assolute di coppia e la snervante visione artistica di un uomo (e della sua dolce e amara metà) in grado di vedere il mondo e le cose che lo circondano oltre la piacevole e precostituita superficie umana. Un horror estremo, inquietante e misterioso, unico per l’epoca e da visione fondamentale, oggi come allora, reso enorme anche da una fotografia in bianco e nero magnetica quanto terrificante, ed interpretazioni perfette e sopra la media dei due protagonisti, Max von Sydow e Liv Ullmann! Oltre il capolavoro!! VALUTAZIONE 10/10

 

H.E.