A GIRL WALKS HOME ALONE AT NIGHT (2014) di Ana Lily Amirpour




Per creare qualcosa di originale ed interessante nel mondo del cinema attuale la fusione di generi differenti e culture diverse spesso risulta la strada più ‘semplice’ ed anche più sicura. 
Gli ingredienti della pellicola d’esordio (tratta dall’omonimocortometraggio del 2011) di Ana Lily Amirpour, angloamericana di origini iraniane, sono molteplici e provengono da luoghi ed idee difformi tra loro. Dalla cultura centro asiatica persiana-iraniana innanzitutto, però filtrata dalla nostra visione occidentale, da influenze cinematografiche degli spaghetti western nostrani, per ammissione della stessa regista, e da un desiderio di utilizzare tematiche horror classico (la protagonista femminile del film è un vampiro) ambientate in un contesto immaginario, specchio di una realtà cittadina crepuscolare e poco avvezza alle luci della ribalta. <br>Bad City è una città iraniana poco vitale di giorno e silenziosa di notte, dove si trovano a proprio ‘agio’ tossici stagionati, prostitute, personaggi sessualmente ambigui e delinquenti. Tra questi reietti della società troviamo Arash, figlio di un padre tossicodipendente, causa quest’ultimo di molti suoi mali. Quando lo spacciatore locale gli sequestra l’auto d’epoca per bilanciare i debiti del padre, Arash sembra sull’orlo del baratro. In suo aiuto, senza volerlo, arriva una figura femminile misteriosa avvolta in un lungo e nerissimo chador. Quest’ultima ama aggirarsi solo di notte lungo le buie vie di Bad City a cavallo di uno skateboard. La ragazza senza nome in realtà è una particolare predatrice di anime dal cuore impuro, pronta ad affilare i canini per cibarsi del loro sangue. L’incontro tra i due finirà per determinarne in maniera decisiva anche il loro futuro …….
Opera crepuscolare, esteticamente misteriosa ed affascinante sequenza dopo sequenza, che ricorda, per le tecniche di ripresa, il bianco e nero da graphic novel a fumetti ed i frangenti topici a metà strada tra l’horror ed il weird, più il DEAD MAN di Jim Jarmusch che il cinema western d’annata alla Sergio Leone (ad esclusione di buona parte della colonna sonora, debitrice più volte della musica del maestro Morricone). In un mondo sporco e corrotto nel profondo dell’anima, solo una figura priva di moralità e freni inibitori può portare equilibrio, anche se questo comporta dei sacrifici di sangue, spesso dettati solo dal proprio istinto predatore. A rappresentare al meglio questa figura inquietante ma accattivante e assai glamour una donna in bilico tra tradizione e modernità (pop e occidentale), interpretata egregiamente dall’attrice americana (di origini persiane) Sheila Vand. 
Una storia d’amore, perlopiù silenziosa, quasi del tutto priva di romanticismo, dove solo la voglia di fuga ed emancipazione sembra l’unica strada per trovare la propria identità. Se la fotografia in bianco e nero è impeccabile, le ambientazioni da limbo infernale ci trascinano al meglio in un mondo oscuro privo di etica e moralità ed la colonna sonora è sempre perfettamente in linea con quanto visionato, la sceneggiatura sembra troppo specchiarsi e basarsi solo sull’estetica, senza mai voler incidere e virare decisa su emozioni estreme spesso attese viste le premesse in corso d’opera, smorzata più volte da frangenti semi ironici forse fuori luogo con l’atmosfera opprimente della prima parte della pellicola. Vampiri (icona classica del genere horror) ed estremo raramente vanno a braccetto. Ana Lily Amirpour però riesce ad incunearsi nel panorama estremo weird (gore, violenza e siringhe tossiche non mancheranno) costruendo al meglio una nuova figura vampiresca da favola nera moderna, destinandola con forza ad ago della bilancia delle persone in bilico tra giusto ed ingiusto di un mondo lontano, immaginario ma riflesso estremo di quello reale.
Nonostante una sceneggiatura poco incisiva e troppo sospesa a volte nel nulla, questo film horror dark appare sin da subito come uno dei lavori più brillanti ed interessanti del panorama indipendente (di qualità) attuale. VALUTAZIONE 8,5/10

H.E.