AGONIE (AGONY) del 2016 di David Clay Diaz

Disturbing drama, ad opera di un regista viennese di origini paraguaiane, fortemente ispirato dal cinema di Haneke e Seidl, dove il male inevitabile che imperversa nel quotidiano esplode all’improvviso senza un motivo apparente o spiegazione alcuna, illustra una visione distaccata ma attenta di due storie normali ma letali.
Il film parte con una notizia agghiacciante di un cinegiornale viennese, afferente l’ennesimo episodio di cronaca nera. Subito dopo iniziamo a seguire parallelamente la vita di due ragazzi, Christian e Alex. Due vite che sembrano destinate ad una discesa inevitabile nella violenza e nell’autodistruzione mentale e fisica. Il primo sta costruendo una vita fondata sulle bugie e ama la violenza solo nelle stanze segrete e nell’intimità, il secondo la cerca e la sfiora in ogni momento, con i versi rap che canta, nella palestra che frequente e nella ricerca continua di risse, le quali le vedono a volte trasformarsi in un codardo. Una visione naturale ed intima di due persone troppo grandi per essere chiamati adolescenti e troppo piccole per essere chiamati uomini, persi in un limbo, nonostante le apparenze, di solitudine apatica, piena di sofferenza e male di vivere. Paura di affrontare e dare sfogo ai propri desideri sessuali nascosti, destinandoli così a scivolare nella spirale della violenza improvvisata.
Una brutalità selvaggia ed inattesa, forse colpa, secondo il regista, della società attuale che impone certi modelli forzati e ben delineati attraverso i mass media e le continue aspettative, sempre altissime, da parte dei genitori nei confronti dei propri figli. Una visione aspra e senza filtro della lotta, ciclicamente generazionale ed esasperata al giorno d’oggi, degli adolescenti contro le figure genitoriali incapaci sempre di imporre la propria autorità.
La scelta di mantenere una doppia visione su due figure così lontane in apparenza, ma incredibilmente vicine tra loro, mostrando la cruda realtà delle loro battaglie quotidiane, esasperate a dismisura in questo caso, permette di mantenere un livello di tensione ed attenzione sempre elevato. Christian e Alex hanno appaiono come persone senza ideali perse nel limbo temporale sopra citato (tra adolescenza e vita adulta con tutte le responsabilità e problematiche annesse).
Le valide recitazioni, la regia scarna (troppo a volte) e la sceneggiatura che alterna costantemente le due figure e storie similari, ci trascineranno sapientemente e con intelligenza fino al duplice finale estremo, destinato a molteplici analisi post visione. Un dramma triste sull’agonia ed il male di vivere odierno, con un finale destinato a molteplici ed amare riflessioni post visione. VALUTAZIONE 8/10

 

H.E.