ALANIS (2017) di Anahí Berneri

 Una visione cruda e priva di filtri della ruvida quotidianità di una prostituta e giovane madre single argentina. Uno stile narrativo ed estetico che sfiora il realismo estremo di un documentario, destinato a mettere in luce una critica feroce sul sistema socio-politico argentino in merito alle azioni intraprese dalla polizia e addetti comunali nei confronti della prostituzione, dove il loro vero interesse non è aiutare chi è in difficoltà ma abbatterla senza esitazione alcuna, fregandosene delle conseguenze.
Buenos Aires, Alanis è una prostituta originaria di Cipolletti (città dell’entroterra argentino), madre di un bambino di 18 mesi, che condivide con Gisela, una donna più vecchia di almeno 20 anni, un appartamento dove esercitano il loro lavoro nel centro della capitale argentina. Un giorno due ispettori della polizia, fingendosi clienti, entrano nell’appartamento e ne impongono la chiusura. Dopo l’arresto di Gisela anche il suo protettore le volta le spalle, lasciandola da sola in mezzo alla strada assieme al suo bambino. Alanis si presenta nel piccolo negozio di abbigliamento della zia, situato in un malfamato quartiere multirazziale, da dove cercherà di recuperare la sua dignità, aiutare l’amica arrestata e prendersi cura del figlio ……
Raramente abbiamo visto in un film un connubio madre-prostituta così forte e marcato, dove l’una non può fare a meno dell’altra. Nonostante l’unica arma per Alanis (nome dedicato, come scopriremo più volte, alla celebre cantante americana in quanto il suo vero nome è un altro) per sfamare il suo figlio sia vendere il suo corpo, scopriremo durante un interrogatorio la sua determinazione nel non mollare e del perché non ha abortito quando rimase incinta. Pur navigando su territori estremi da ‘disturbing drama’ autentico, il film presenta strani frangenti ironici e nervosi (esempio mentre sta praticando un blow job ad un vecchio in auto), i quali servono per stemperare la continua tensione che circonda la giovane prostituta. Senza una trama ben definita, seguiamo circa tre giorni della vita di Alanis, attraverso le mille difficoltà che la vita gli sta riservando, dove personaggi viscidi, sporchi e malvagi cercano in tutti i modi di demolirla continuamente. Regia e fotografie ottime e di altissimo livello ( con uso massiccio degli specchi, tesi ad evidenziare la vita frammentata di Alanis), dove sembra proprio di respirare durante la visione le atmosfere malsane delle periferie di Buenos Aires. Il finale invece, in puro stile Pedro Almodóvar, regala un epilogo rassegnato ma stranamente felice. Filmone! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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