AMERICA LATINA (2022) di Fabio & Damiano D’Innocenzo

Dopo l’ottimo esordio crime nostrano, LA TERRA DELL’ABBASTANZA, ed il convincente ‘disturbing drama’ con riflessi ellenici, FAVOLACCE, i gemelli D’Innocenzo si avventurano nel drama psicologico paranoico, che fuori dai nostri confini ha trovato ampia fortuna, come ad esempio nel cinema di Philippe Grandrieux o Brad Anderson. Un terreno questo non facile per il nostro cinema, teso sempre a navigare su binari sicuri anche se ambiziosi in alcuni casi. E saranno proprio l’ambizione e la voglia di osare dei due registi, costringendo così lo spettatore a lottare psicologicamente nei labirinti della mente del protagonista, interpretato da un Elio Germano sempre più a suo agio in ruoli non convenzionali, a diventare la forza trainante di questa pellicola. Massimo è un dentista affermato, rispettato e benestante, che vive felice nella sua nuova villa felice con la mogli e le loro figlie amorevoli. Un giorno la sua vita senza sussulti viene sconvolta quando trova una bambina legata nella sua cantina. Con la paura di compromettere la vita e della sua famiglia, Massimo cercherà, faticosamente, di scoprire chi ha messo quella bambina nella sua cantina, se un componente della sua famiglia o il suo migliore amico, lottando contemporaneamente con i demoni della sua mente … Una Latina Americana, come si evince dal titolo, è un utopia lontana e destinata a diventare un sogno. Quando quest’ultimo però si incunea in territori pericolosi ed estremi, trasformandosi in qualcosa di concreto, si attraversano confini, dove realtà e sogno diventano impossibili da decifrare, dai quali non è più possibile tornare indietro. Esteticamente ricercato, con un’accuratezza di luoghi, costumi e piani sequenza degni dei grandi film europei contemporanei, AMERICA LATINA è un’opera semplice nella sceneggiatura, con annesso finale anche troppo diretto, quanto complicata nell’interpretazione del suo protagonista, specchio inesorabile della fragilità attuale di qualsiasi uomo costretto ad avere un’apparenza felice, perfetta e lontana da oscurità, legate anche al passato, che potrebbero inficiarne carriera e credibilità sociale. Se non puoi averla devi per forza lottare, anche alterandone la realtà, per ottenerla. Se il finale può lasciare dell’amaro in bocca ai più esigenti, in quanto lo stesso più aperto ed indeciso avrebbe lasciato aperto a diverse interpretazioni, questo appare forse l’unico appiglio logico in un contesto illogico, surreale e piacevolmente nebuloso. Convincente il contesto minimale come le musiche, opera dei Verdena, sempre in simbiosi perfetta con i frangenti nevrotici del protagonista Massimo. Nulla di nuovo sotto il sole estremo ma sicuramente aria nuova nel nostro cinema, forse ancora troppo legato a stilemi nostrani difficili da abbandonare. Gran film!! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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