APOSTLE (2018) di Gareth Evans

L’oramai leggendario regista del dittico THE RAID, capolavori assoluti del genere action estremo, questa volta si cimenta con il genere folk-horror (estremo), con una storia immersa nei primi del ‘900 in un’isola gallese dominata da un profeta seguace di una strana ed inquietante divinità.
Nel 1905, Thomas Richardson si reca in una remota isola gallese per salvare sua sorella, Jennifer, dopo essere stata rapita da un misterioso culto religioso, indipendente dal re inglese, che chiede un riscatto per liberarla. Thomas è un ex missionario che è stato torturato quando ha tentato di introdurre il cristianesimo a Pechino. Dopo aver abbandonato la religione, la sua fede in Dio e divenuto dipendente dalla droga, ha promesso al padre di liberare la sua amata sorella. Giunto sull’isola finirà per trovare un micro mondo dominato dall’odio, dalla violenza, dai sacrifici umani e da un’inquietante divinità assetata di sangue e tutt’altro che benevola……
THE WICKED MAN incontra BRIMSTONE in questo horror targato e marchiato a fuoco dallo stile oramai inconfondibile di Gareth Evans, capace di fondere stile e generi diversi (fanatismo religioso, gore, fantasy, dramma e folk horror) con grande abilità.
Pur non essendo inquietante come il mitico film di Robin Hardy o feroce come il recente, ma amatissimo dal popolo estremo, BRIMSTONE di Martin Koolhoven, siamo piacevolmente immersi in quest’isola grondante sangue e dolore, dove torture medioevali e visioni fantasy da IL SIGNORE DEGLI ANELLI, finiranno per far volare velocemente le oltre due ore di visione. Non tutto è perfetto come si sperava ad inizio visione, considerate le premesse iniziali, e la trama appare, nella seconda parte, alquanto macchinosa ed eccessivamente contorta, pur riuscendo a rendere corposo l’elemento sovrannaturale. A rendere potente l’ultima mezz’ora è senza dubbio la dinamicità delle sequenze estreme, con combattimenti brevi ma intensi, corpi lacerati, dita mozzate, crani fracassati e sangue a fiumi, prediligendo così l’horror più avvezzo alla violenza sanguinaria e senza esclusione di colpi. Effetti speciali ed ambientazioni quasi western di prim’ordine, dove l’elemento sovrannaturale appare simbolico, parallelo e metafora della religione e della sua idolatria in generale. Quest’ultima appare infatti un componente onnipresente nella pellicola, dal protagonista tormentato dal suo passato alle persone fuggite spesso per fame o dalla galera, alla ricerca di un dio più per comodità che per devozione.
Pellicola estrema più che buona, per quanto concerne regia ed estetica estrema, debole nel resto, nella trama, nella sua evoluzione e nei protagonisti presentati, umani e non! VALUTAZIONE 8,5/10

 

H.E.