BASKET CASE (1982) di Frank Henenlotter

Uno dei registi più influenti e significativi nel panorama ‘horror trash’ degli ultimi 4 decenni, è sicuramente Frank Henenlotter. Da BRAIN DAMAGE a FRANKENHOOKER, da BAD BIOLOGY alla trilogia di BASKET CASE, il suo stile genuino, generoso e gagliardo, ha più volte sopperito in maniera brillante a budget non sempre corposi e per nulla degni del suo valore. Proprio il suo esordio del 1982 con BASKET CASE, ha lasciato un segno indelebile in tutto il cinema horror degli anni a venire. Un mix tra body horror, trash tragico e demenziale dove gore, sangue e violenza sono andati a nozze, regalando uno dei mostri più estremi e più originali del cinema horror underground e cosiddetto di serie B. New York. l’arrivo nella grande mela di un ragazzo, Duane, in compagnia di una misteriosa cesta in vimini, finirà per sconvolgere la vita di diverse persone, alcune legate al loro tragico passato. Nella cesta in vimini vi è custodito il fratello siamese di Duane, Belial, nato attaccato al fianco del fratello e con il corpo deforme costituito solo dalle braccia, la testa enorme, denti affilati ed un appetito fuori dal comune. I due cercano, dopo aver giustiziato il loro dottore di famiglia, di vendicarsi delle persone colpevoli della loro separazione. Duane però non ha fatto i conti con l’instabilità psicologica e bestiale del suo fratellino affamato ……Dopo un inizio folgorante e assai inquietante, siamo immersi nelle atmosfere urbane di una New York malfamata e bizzarra (Duane viene subito avvicinato da uno spacciatore che elenca e propone circa un centinaio di droghe diverse), esaltate al meglio dall’albergo topaia lungo la celebre 42sima strada di Manhattan dove Duane ed il fedele cesto decideranno di fermarsi. Tra inquilini impiccioni (che pagheranno a caro prezzo il desiderio di non farsi i cazzi loro), prostitute e reietti vari, questo albergo finirà per diventare il luogo ideale per alimentare la nostra curiosità iniziale (e dei vari ospiti dell’albergo) e vedere all’opera il ferocissimo e incontrollabile Belial, dotato di una forza disumana e una capacità bestiale di lacerare la carne del malcapitato di turno. Per scoprire il segreto che si cela dietro la storia passata sua (una male interiore scaturito dall’abbandono) e del fratello ‘gemello’ Duane, Henenlotter dedicherà solo successivamente ampio spazio, non tralasciando nemmeno una piccola componente drammatica familiare (mai banale il rapporto simbiotico tra i due fratelli siamesi), dove finiremo per provare più volte compassione ed empatia per il piccolo Belial, le quali si sposano a meraviglia con le componenti più trash ed estreme. Nel calderone il regista metterà perfino una storia d’amore tra Duane e una ragazza, che finirà per determinare azioni letali nella seconda parte. Per quanto concerne gli effetti speciali, tradizionali e con l’aggiunta anche della tecnica ‘stop-motion’, anche se fanno tenerezza in alcuni frangenti, finiranno per fare scuola e stimolare al fantasia di intere generazioni, compreso futuri registi specializzati nel body-horror, esplosi nei decenni successivi. Sorvolando sulle recitazioni non sempre esaltanti, BASKET CASE, un gioiello sul’irrefrenabile desiderio umano di nascondere il mostro poiché se ne vergogna, è riuscito a diventare nel tempo un vero cult del cinema horror tendente al trash, un simbolo unico di creatività esplosiva partendo dal basso fregandosene dei gusti del grande pubblico, riuscendo però a dare forma alle fantasie più estreme degli adolescenti anni ’80, cresciuti tra VHS malridotte, trash distorti e horror ‘gommosi’. Unico!! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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