BEAU IS AFRAID (Beau ha paura) del 2023 di Ari Aster

Ci sono pellicole senza mezze misure, si amano all’infinito o si odiano senza pietà. E’ il caso dell’ultima fatica di Ari Aster, regista sempre più di riferimento per le nuove generazioni amanti di pellicole ambiziose e impossibili da catalogare, dove follia, horror e tragica ironia si fondono vertiginosamente con lo scopo di esaltare difetti dell’uomo, in particolare disagio, paura e fragilità.
Beau, figlio di Mona Wasserman, una donna ricchissima e potente, è un uomo solo vicino ormai alla cinquantina e che soffre di crisi paranoiche. Queste, nonostante le continue sedute dall’analista, sembrano peggiorare vertiginosamente alle prime difficoltà, complice il luogo in cui vive, un covo di spacciatori e criminali della peggiore specie. Quando Beau deve raggiungere la madre per l’anniversario della morte del padre, un piccolo incidente domestico lo costringerà a rimandare il viaggio. Il peggio per Beau deve ancora arrivare. La probabile morte improvvisa e assurda della madre lo metterà di fronte alla tragica realtà della propria esistenza, accentuata ancora di più quando deve mettersi in viaggio per il suo funerale. Inizia così un viaggio fisico, spirituale e metafisico attraverso passato, presente e futuro, dagli esiti …. imprevedibili!!
Tratto da un quasi omonimo corto dello stesso regista del 2011, BEAU, dal quale ‘ruba’ solo il prologo iniziale, questo film rappresenta l’ennesima evoluzione di un regista destinato a segnare il cinema più estremo dei prossimi decenni. Dalla sua infatti Aster, oltre alla giovane età, ha dimostrato di aumentare costantemente la qualità delle sue opere nel tempo. Dai primi cortometraggi (indimenticabile il mediometraggio shock ‘The Strange Thing About the Johnsons‘) fino ai suoi lungometraggi HEREDITARY e MIDSOMMAR, divenuti dei classici horror in brevissimo tempo. Opere ambiziose proprio come quelle del suo quasi contemporaneo Robert Eggers, altro riferimento del genere horror estremo più recente. A differenza di quest’ultimo Aster predilige una visione più ampia e colorata dei suoi personaggi e protagonisti, mettendoli sempre spalle al muro e patire rapporti familiari e di coppia, non destinati quindi a governare il tempo e lo spazio, bensì costretti a subire gli ingranaggi più pericolosi della vita.
E’ il caso quindi del protagonista di questo film di ampio respiro, vista anche la durata (‘quasi’ tre ore, dove il ‘quasi’ non sembra un caso), armato quasi sempre e solo della propria inadeguatezza fantozziana nella propria faticosa vita. Se la spina dorsale del film è chiara, in quanto è principalmente afferente il proprio legame tormentato e sottomesso alla madre, con sensi di colpa annessi, le sotto trame ci spingono a conoscere diverse realtà destinate ad aprire varchi spazio temporali di possibili famiglie, vere e immaginate, che avrebbero potuto essere concrete e non fittizie.
Sembra incredibile ma ogni parte del film sembrerebbe essere un omaggio ad un grande regista di sicura ispirazione del regista. Da Darren Aronofsky a David Lynch, da Luis Buñuel a Paul Verhoeven, da Charlie Kaufman a Alejandro Jodorowsky, solo per citare alcuni tra i più evidenti ‘presenti’ nel film (le citazioni veramente si sprecano). ‘Scuola’ e ‘palestra cinematografica’ di Aster non sono mai nascoste, anzi, sono messe in clamorosa evidenza attraverso una rielaborazione originale ed effervescente, dove le nuove idee straripano e spesso sembrano difficili da contenere. Tra tutte spicca una particolare e sinistra rielaborazione del MAGO DI OZ. Una storia nella storia fondamentale per capire e soprattutto carpire l’anima fragile di Beau, dove sogni e speranze hanno permesso di non soffocare subito al cospetto di madre oppressiva, ingombrante e decisa a innestare nella mente del figlio il senso di colpa primordiale del concepimento. Una sinistra e grottesca involuzione del rapporto madre figlio del celebre Psycho di Alfred Hitchcock, dove appare palese chi ne uscirà vincitore e sconfitto. Tra animazione estrema, horror, visioni weird e grottesche, analisi freudiane spietate, amore e odio di pura natura familiare, il film attraversa luoghi e spazi mai, per nostra fortuna, lineari, rendendo piacevolmente sorprendente il tutto, dal primo all’ultimo secondo. Considerato che si tratta di un’opera multiforme dalle forti venature kafkiane, le interpretazioni sono molteplici su quanto visionato, dove quella più semplice potrebbe essere anche quella definitiva e plausibile. SPOILER. A renderla evidente i tantissimi messaggi e indizi che indicherebbero dopo il prologo folgorante e ‘fuori di testa’, una costante e surreale distorsione della realtà, semplicemente ‘immaginata’ negli ultimi istante di vita dopo un suicidio a base di farmaci. Due gli indizi più evidenti e palesi: la visione di un video della telecamera nella quale vede, passato, presente e futuro e la famiglia desiderata, i tre figli, mai avuti in realtà a causa della ‘paura’ imposta dalla madre’, al punto di fargli venire i testicoli grandi come due meloni ( 🙂 ). A sigillare il tutto la frase tombale e incredibilmente lucida di Beau: ‘sono stato un vigliacco … per tutta la vita’ .. tranne per la sua conclusione tragica. FINE SPOILER
Pochi attori avrebbero reso ‘credibile’ una figura così tormentata, inadatta e sofferente, come Joaquin Phoenix, il quale da JOKER in poi sembra essere entrato in un loop di disagio scenico senza fine.
Il film è, come anticipato sopra, ricchissimo di dettagli e particolari, al punto che meriterebbe pagine e pagine di analisi. L’altalena di emozioni e sensazioni durante la visione, che spaziano dall’ironia grottesca al disagio estremo più puro, finiranno per scombussolare non poco lo spettatore, soprattutto quello meno avvezzo al cinema weird e bizarro. A dimostrazione di questo, il film è stato quasi un fiasco al botteghino al cospetto dei costi di produzione (lo era stato anche THE THING all’epoca, è bene sottolinearlo). Troppo piacevolmente esagerato, per ritmo e stili diversi legati tra loro, dove realtà, sogni e finzione si fondono pericolosamente tra loro, come fossero gli ultimi ricordi offuscati di una vita condensati in pochi secondi ma che sembrano secoli a chi li immagina. Per collegarmi alle prime righe di questa recensione, BEAU IS AFRAID è un film da amare alla follia, destinato a segnare definitivamente uno stile nuovo dalle radici ben salde nel passato cinematografico di qualità … estrema (i nomi dei grandi autori sopra citati lo dimostrano). In conclusione, se il mestiere più difficile del mondo è quello del genitore, a ruota abbiamo i figli sommersi dalle aspettative enormi dello stesso … vedere Beau, per credere!! VALUTAZIONE 5/5

H.E.

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