
L’evoluzione del cinema crime questa volta passa attraverso la Colombia. Gli artefici di questo cambiamento epocale sono i registi Cristina Gallego e Ciro Guerra (autore di quella magnifica pellicola spirituale e misteriosa in bianco e nero EL ABRAZO DE LA SERPIENTE), con un’opera moderna e antica allo stesso tempo dal forte impatto spirituale e tribale. Una storia ventennale che fotografa un’epoca della Colombia passata lontana e più profonda da quella tanto in voga nei film e telefilm con protagonista il noto narcotrafficante Pablo Escobar.
Nord della Colombia, primi anni ’60. Un clan di nativi nel nord della Colombia, i Wayuu, si accinge a festeggiare, attraverso una cerimonia dalle tradizioni centenarie, l’ingresso definitivo di una Zaida nel mondo degli adulti e destinata così a diventare finalmente donna, in quanto sarà promessa sposa a Rapayet, appartenente ad un altro clan di nativi del luogo. Ad autorizzare il loro matrimonio, destinato a mantenere l’equilibrio tra i due clan, troviamo la madre di Zaida, Ursula, matriarca a capo del suo clan dopo la morte del marito. Quando tutto sembra indirizzarsi verso un equilibrio perfetto e di pace per entrambi, i sogni premonitori di Zaida (dove appare sempre la nonna defunta) e l’amicizia di Rapayet con un colombiano non nativo, Moises, finiranno per creare delle crepe nella comunità, destinate nel corso degli anni successivi a diventare ben preso delle voragini. Infatti Rapayet ed il suo amico Moises iniziano a trafficare, grazie all’aiuto dei parenti di Rapayet, in maniera sempre più crescente “l’erbaccia”, la marijuana, tanto ricercata e desiderata dai gringos americani, i quali sempre più ingordi finiranno per incrinare il rapporto tra Moses e Rapayet. Inizierà così una faida interna tra i clan di nativi, che durerà due decenni, annegata nel sangue e destinata a cambiare per sempre il volto della regione, l’abbandono delle tradizioni e l’infrazione di un regolamento centenario, basato sul rispetto e sull’onore, delle tribù locali …….<
Amore, invidia, passione, paura e tutti i sentimenti più vivi e pericolosi presenti nell’uomo, finiranno per fare capolini lungo i cinque canti di questa storia profonda, immersa in paesaggi naturali contaminati però, sempre di più, da elementi artificiali e sempre meno legato alle tradizioni, attraverso un mondo imperniato su evidenti contrasti ideologici ed estetici. L’intreccio tra atmosfere magiche e altre feroci intrise di sangue (carneficine a ripetizione come se non ci fosse un domani), finirà per caratterizzare la vita dei diversi protagonisti della storia, in particolar modo di Rapayet, Zaida e delle loro famiglie, dove la tensione estrema finirà per aumentare a dismisura nell’ultimo canto, epilogo carico di ombre nefaste che si collegano a meraviglia con i macabri sogni premonitori di Zaida dei primi canti. Fotografia impressionante, dove i fortissimi colori naturali e non vi avvolgeranno in maniera poderosa, musica penetrante, una regia di altissimo livello ed una sceneggiatura capace di intrecciare perfettamente le molteplici storie dei vari protagonisti, primari e non, promuovono ‘Pájaros de verano’ (‘ORO VERDE – C’era una volta in Colombia’ il titolo italiano del film uscito in pochissimi cinema del nostro paese il mese scorso) a nuovo capolavoro sudamericano del genere crime. Spettacolare, potente e stupefacente pellicola estrema da vedere ed ammirare all’infinito! VALUTAZIONE 5/5
