BRAID (2019) di Mitzi Peirone

 

Opera prima, di una giovanissima regista italiana e finanziata tramite crowdfunding online, destinata a brillare e distinguersi nel panorama indie moderno per originalità e intelligente depistaggio, costringendo così lo spettatore avvezzo a film horror standardizzati ad un’attenzione senza compromessi.
Se in apparenza il film appare come un ingarbugliato ed intrecciato (da qui il titolo, chiaro riferimento alle tre protagoniste) miscuglio di genere e stereotipi del genere horror e weird del passato, non solo statunitense, la curiosità di scoprire la verità e districarsi su questa storia contorta sarà costante fino alla fine, solo gli ultimi secondi riusciranno ad essere liberatori e spazzeranno via tutti i dubbi accumulati negli 80 minuti precedenti.
Due giovani spacciatrici di droga in fuga, cercano rifugio nella casa di una loro amica d’infanzia, la quale mostrerà un equilibrio mentale parecchio instabile. Per rimanere nascoste devono accettare di partecipare al suo elaborato, e sempre più pericoloso, gioco di finzione infantile permanente …….
BRAID è quello che avrei voluto vedere in GHOSTLAND, l’ultimo film di Pascal Laugier, in quanto la rivelazione, in teoria shock su cosa sia reale o no, non porterà ad un finale banale ma bensì a qualcosa di più estremo, folle e sorprendente.
Pur essendo un film estremamente contorto, in particolare nella prima mezz’ora, BRAID segue una linea coerente e riferita proprio alla treccia citata nel titolo. Dove le tre sezioni di capelli sono sostituite dalle tre protagoniste, immerse in un mondo onirico da ‘Alice nel paese delle meraviglie’, fatto di bambole, specchi, torture, giochi di ruolo e allucinazioni perenni, legate fatalmente ad un tragico evento del loro passato, nel quale una delle tre ha subito un danno fisico irreparabile e destinato a determinarne il futuro suo e delle altre sue due amiche, trascinandole così in una spirale senza fine di follia (auto)distruttiva.
La regista si diverte a citare nel corso della pellicola diversi registi del panorama estremo-weird (da Hitchcock a Greenaway e perfino Scorsese con il suo corto THE BIG SHAVE del 1967) e molteplici sequenze del cinema horror del passato, senza mai scivolare nella banalità e cercando spesso, con inquadrature rovesciate alla Noé e trip allucinogeni con cambi improvvisi dal colore al B&W, di sorprendere e scombussolare la mente dello spettatore, già messo a dura prova da una storia non lineare e apparentemente ‘non sense’.
Le tre attrici principali (una delle tre, Madeline Brewer, già apprezzata nel recente CAM) riescono a sorprendere e stupire costantemente, grazie a performance impazzite e nevrotiche sopra le righe e per nulla noiose.
Anche se sono rimasto piacevolmente colpito da questo nuovo indie, lo stesso non è privo di difetti, perlopiù legati al budget ridotto (fuori campo nelle scene estreme mi fanno incazzare non poco).
Una piacevolissima novità estrema di inizio 2019, assolutamente imperdibile (guardatevi più volte gli ultimi 60 secondi della pellicola per capire bene la follia di questa assurda, delirante ed a tratti lisergica storia horror)! VALUTAZIONE 8,5/10

 

H.E.

 

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