C’ERA UNA VOLTA IL WEST (Once Upon a Time in the West) del 1968 di Sergio Leone

“Aspettavi me?” “Da molto tempo” Come la calma e la pazienza che contraddistinguono per tutta la pellicola il freddo Armonica (e annessa vendetta), anche questo film ha dovuto pazientare prima di vedersi legittimata la sua grandezza, finendo anche nel tempo per influenzare decine di registi (soprattutto americani … mentre in Italia di eredi di Leone non vi è purtroppo traccia) e divenendo alla lunga distanza un vero cult per tutti gli appassionati cinefili, non solo del genere western. C’ERA UNA VOLTA IL WEST, primo capitolo della ‘trilogia del tempo’ del regista romano (GIU’ LA TESTA e C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA quelli successivi), dedicata a tre epoche ben distinte ma a ruota della storia americana, è un film epico che si discosta parecchio dal precedente film di Leone (IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO). Grazie ad una forte caratterizzazione drammatica di alcuni suoi protagonisti, pur rimanendo fedele al suo stile narrativo ed estetico unico, divenuto di prepotenza classico in pochi anni nel cinema western dell’epoca e sminuendo pesantemente buona parte delle pellicole a stelle e strisce uscite in precedenza. Anche questa volta la storia con la S maiuscola rappresenterà lo sfondo ideale dove i molteplici protagonisti costruiranno le loro vite e conseguenti controverse vicende. Non sarà più la guerra civile ma la forzata civilizzazione americana del selvaggio West, simboleggiata dal ‘cavallo di ferro’ (il treno a vapore) e la ferrovia, tesa a divenire il raccordo commerciale fondamentale tra l’Est più urbanizzato e quell’America selvaggia che si estendeva dal Texas fino alle coste della California. Non tutto avviene felicemente ma le possibilità di redenzione per alcuni e riscatto di altri, ne saranno anche le forze trainanti di questo slancio verso il futuro irreversibile e senza ritorno, decretando fine ad un mondo, il selvaggio West appunto, prossimo alla fine. Un ‘c’era una volta’ ad ampio raggio che segna la fine dei pistoleri senza metà e sempre meno determinanti nella dell’ovest americano (al contrario di uomini d’affari che sanno usare bene parole e contratti) ma forse anche una consapevolezza di un genere, lo ‘spaghetti western’, creato da Sergio stesso, destinato a cambiare pelle per sopravvivere. Mentre un misterioso pistolero, soprannominato successivamente Armonica, è sulle tracce del bandito e ‘uomo d’affari’ Frank, a Sweetwater, il proprietario di origini irlandesi Brett McBain sogna la costruzione di una nuova città destinata ad affiancare la futura ferrovia per le attraverserà l?America da un oceano all’altro. Il paralitico Morton , un uomo d’affari senza scrupoli, ha fiutato l’affare e deciso a ottenere quel pezzo di terra ad ogni costo non esita ad inviare il sicario Frank per dissuaderlo dall’impresa. Frank, un uomo senza cuore e pietà, non esita a sterminare tutta la famiglia di McBain, figli compresi, cercando di far ricadere la colpa sul bandito Cheyenne. Frank e Morton però non hanno fatto i conti con Armonica, Cheyenne e soprattutto la nuova moglie (un ex prostituta di New Orleans giunta nel ranch poche ore dopo la strage) ……… Partendo da un soggetto scritto a sei mani (Bernardo Bertolucci, Dario Argento e appunto Sergio Leone) e girato tra Spagna e Stati Uniti, questo film è stato creato, come avvenuto per la celebre trilogia del dollaro, in perfetta simbiosi con le musiche spettacolari (e tra le più emozionanti della sua immensa carriera) di un Ennio Morricone estremamente ispirato, in grado di creare dei leitmotiv fortemente distintivi dei diversi personaggi ed entrati di prepotenza nella mente di tutti noi, primo su tutti quello dedicato al pistolero senza nome interpretato da Charles Bronson (il soprannome di Armonica gli sarà dato da Cheyenne nel corso del film). Non meno incisivi e forti quelli dedicati a Frank (un leggendario e forse mai così acido Henry Fonda) e una bellissima Claudia cardinale nei panni di Jill, una donna determinante per le dinamiche della storia principale e temprata da un passato duro, ruvido e poco edificante. Forte di un doppio incipit iniziale (i primi 25 minuti di una pellicola che sfiora le tre ore) spettacolare quanto brutale, dove l’attesa degli scagnozzi di Frank (tra mosche e rumoreggiante vento del deserto) è pura poesia estetica del cinema, mentre l’esecuzione senza pietà della famiglia McBain mette subito in chiaro quanto sia bastardo sia Frank. L’apice arriverà, come da consuetudine nel cinema western di Sergio, nel duello finale con tanto di primi piani su volti scolpiti sulla pietra, che non solo rivelerà le motivazioni drammatiche della tanto ricercata vendetta di Armonica ma chiuderà definitivamente un’epopea basta sulla legge del più forte (con la pistola) e di uomini perennemente in bilico tra la vita e la morte. Questo è, senza possibilità di replica, un capolavoro assoluto del cinema e i tra i film western più iconici e amati di sempre. Stupendo!! VALUTAZIONE 5/5

H.E.

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