C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA (ONCE UPON A TIME IN AMERICA) del 1984 di Sergio Leone

“Oh figlia di principe … quanto sono belli i tuoi piedi nei sandali“.
Il cinema di Sergio Leone, per citare uno dei suoi più grandi e celebri ammiratori contemporanei (e forse l’unico erede del suo cinema, ovvero Quentin Tarantino), è come il vino buono e di qualità, destinato quindi a migliorare con il passare del tempo.
Il suo ultimo film (il rammarico per non aver visto nemmeno nascere il suo ultimo progetto ‘I 900 giorni di Leningrado”, causa morte prematura del regista romano, rimane ancora oggi una ferita aperta in tutti noi) C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA, terzo capitolo della trilogia del tempo (C’ERA UNA VOLTA IL WEST e GIU’ LA TESTA i precedenti due), nato dopo una genesi temporale enorme (circa 12 anni) e partorito a fatica, causa tagli di varia natura alla pellicola (consiglio almeno la versione da 255 min, l’unica capace di rendere giustizia a questo film), rappresenta uno dei vertici assoluti della settima arte. Lo è sicuramente per ampiezza della storia dal punto di vista temporale, scenico e storico, per l’analisi morale e psicologica dei suoi protagonisti e per l’estetica elegante che, abbinata ad una colonna sonora in perfetta simbiosi ad opera di Ennio Morricone (infarcita di anche musiche non sue originali ma incredibilmente azzeccate per i frangenti nei quali sono inserite, come ad esempio il tema musicale che accompagna Deborah), finirà per scatenare emozioni e soprattutto riflessioni sulla vita, ricordi e rimorsi inevitabili sulla vita di ciascuno di noi, soprattutto se finirà rapito dalla personalità, amarezza e malinconia del protagonista Noodles.
Il film inizia nel 1933, con dei sicari che cercano il gangster ebreo Noodles per liquidarlo. Questo, che aveva assistito poco prima alla morte dei suoi tre soci e amici di sempre Patsy, Cockeye e Max. si rifugia in una fumeria d’oppio ma è costretto, ancora in preda ai fumi della droga a lasciarla in fretta in furia. Noodles, dopo aver appreso di essere stato anche derubato (nella valigia, che scopriremo in seguito ‘cassa comune’ della banda, vi sono solo ritagli di giornale), prende il primo treno per Buffalo, lasciandosi alle spalle New York per sempre. Passano 35 anni e Noodles ritorna, invitato misteriosamente per gestire le salme dei suoi tre amici defunti, nella sua città natale, curioso di scoprire chi sia stato a volere il suo ritorno e perché. Tornato nel locale del suo vecchio amico Fat, una volta destinato al contrabbando, i ricordi del passato, dei primi amori e delle amicizie adolescenziali, spesso annesse alla criminalità da strada, riaffiorano prepotentemente, cercando così di far luce su un mistero lungo 35 anni ………
Difficile, se non impossibile, rendere giustizia con le parole a questo film, tratto almeno inizialmente da un piccolo romanzo autobiografico su un gangster americano degli anni ’20 e ’30. Non esiste mai, nel corso della pellicola, un frangente insignificante o secondario slegato dalla storyline principale. Tutto tornerà e finirà per creare un’enorme puzzle che metterà in luce prima di tutto il sentimento dell’amicizia (perduta ma non dimenticata, come scopriremo nel malinconico ma fiero finale). Dalla prima parte dedicata al Noodles adolescente, nella quale perderà l’innocenza a seguito della morte di un suo giovane amico (“Sono inciampato”) fino a quella che lo vedrà spadroneggiare assieme ai suoi tre soci, capeggiati dal lelader Max, nella New York del proibizionismo, tra l’amore della sua vita, scoperta durante l’infanzia e abbandonata poi a causa della sua scorbutica personalità, Una pellicola avvolta perennemente nel fumo della malavita Newyorkese, ebraica ma anche italiana e sempre affiancata e spalleggiata da quella della politica (dei sindacati e anche della polizia), dove la violenza (omicidi, torture e stupri e violenze di varia natura sono all’ordine del giorno) finirà per diventare una cornice inesorabile della storia americana e del suo sogno infranto, come successo in C’ERA UNA VOLTA IL WEST e GIU’ LA TESTA, con i gangster che hanno finito per sostituirsi ai pistoleri e ai rivoluzionari, armati di pistole e ideali non scritti. Quando all’orizzonte, sul finire degli anni ’60, una nuova specie umana simile agli squali si appresta a divorare anche loro, inizia una nuova storia dell’America tutta da scrivere. E’ proprio in quel frangente che il film mostra il suo cuore e soprattutto la sua anima, nella semplice riflessione orgogliosa ma lucida di Noodles (sullo sfondo di uno scontro finale epico), consapevole di tale fine e desideroso di conservare il ricordo di quell’amicizia che lo legava e che soprattutto lo aveva tenuto in vita per decenni. I tasselli della storia sopra citati (alcuni miseramente tagliati nella prima versione e destinati a creare un’inutile confusione nello spettatore), saranno sempre amplificati da scene memorabili (Noodles anziano che si affaccia per spiare Deborah come faceva da bambino o il suo arrivo alla stazione mentre Deborah si allontana chiudendo la tenda) e sopratutto da una colonna sonora favolosa, emotivamente pazzesca ed estremamente funzionale in ogni frangente, impreziosita da Yesterday dei Beatles (scena immensa) e La Gazza Ladra di Gioachino Rossini, in una sequenza goliardica e cinica che ricorda non poco i drughi di Kubrick. Se la regia di Leone è impressionante, lo stesso vale per le scenografie (Una New York spettacolare ma nera come la pece), i costumi e soprattutto gli attori, un cast notevole dove brilla ovviamente un eccezionale Robert De Niro, ottimo nei panni del Noodles post galera e sopratutto anziano, consapevole dell’amara sconfitta materiale ma lucido quanto basta per uscirne vincitore. Trovo affidabile e coerente la versione, in parte confermata dallo stesso Leone, nella quale tutto sia stato un enorme sogno premonitore, iniziato proprio nella fumeria nei minuti iniziali. Quando qualcuno mi chiede chi sia stato per me il miglior regista italiano di sempre non esito nemmeno un secondo nel rispondere: Sergio Leone …. E se qualcuno mi rivede dopo tanto tempo e mi chiede cosa ho fatto negli anni che non ci siamo visti, la risposta è scontata e sempre la medesima … ‘sono andato a letto presto’!!! Grazie Ennio e Sergio!!! VALUTAZIONE 5/5

H.E.

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