CHRIEG (War) del 2014 di Simon Jaquemet

Il cinema svizzero attuale è tra quelli più attenti e impegnati a fotografare le difficoltà identitarie e comunicative degli adolescenti del nuovo millennio. Poco prima di AMAUTER TEENS e DENE WOS GUET GEIT, due piccoli film ma graffianti come pochi altri afferenti l’adolescenza ed i giovanissimi dei nostri giorni, vedeva la luce l’opera prima di Simon Jaquemet. Una pellicola dura, amara e avvilente sul disagio giovanile e la cecità degli adulti nei confronti dei loro figli, sempre più diversi dal loro mondo e soprattutto da come lo stanno vivendo in questo periodo nebuloso, caratterizzato da una velocità frenetica nel quotidiano che porta ad una destabilizzazione familiare sempre maggiore.Matteo è il tipico sedicenne degli anni 2000. Capelli colorati, uso occasionale di stupefacenti, rapporto sessuali senza sentimento, confuso dal punto di vista affettivo e comunicativo. Una confusione destinata a crescere giorno dopo giorno a causa dei strani comportamenti dei loro genitori. La madre che lo costringe ad allattare al seno, suoi di Matteo, la sorellina neonata. Il padre, ossessionato dalla forma fisica, che mal digerisce la ribellione del figlio poco mascolino secondo lui. Il punto di svolta arriva quando Matteo prende, senza avvertire i genitori, la sorellina e si avventura nel bosco. Al suo ritorno il padre prende una decisione drastica. Decide di farlo prelevare e di portarlo con la forza in un ‘centro estivo’ sperduto nelle Alpi, che finirà per rivelarsi un centro di addestramento gestito da psicopatici e ragazzi fuggiti dalla galera. Dopo essere umiliato e trattato peggio di un cane, con guinzaglio annesso, Matteo finirà per conquistare la fiducia e stima dei suoi aguzzini, i quali finiranno per coinvolgerlo in azioni poco legali e sporche ……Se escludiamo Ella Rumpf (sarà l’unica ragazza della fattoria isolata), il resto del cast è composto da attori non professionisti. Se questo appare come un limite in alcuni frangenti, in altri finisce per diventarne la forza violenta, rabbiosa e più sorprendente della pellicola, la quale si basa sempre e solo sulla violenza. Psicologica dei genitori di Matteo sullo stesso, dei suoi ‘nuovi’ amici appena questo arriva alla fattoria, ed infine tutto quello che accade nella seconda parte, con la ribellione dello stesso contro quello che ritiene essere la causa della sua infelicità ed appunto rabbia soffocata. Una rabbia violenta che appare come una linea invisibile e onnipresente nella guerra generazionale e feroce tra padre e figlio. Il primo forse invidioso della vita leggera del figlio e che finirà per scatenare la bestia presente in lui quando lo farà metterà in gabbia. Una prigione però che paradossalmente finirà per fargli assaporare quella famiglia mai avuta veramente, anche se sconnessa, confusa, poco incline alla legalità e con rimandi per nulla velati a IL SIGNORE DELLE MOSCHE. Nonostante gli eventi imprevedibili dell’ultima parte, il vincitore di questa guerra familiare, sociale e generazionale finirà per vedere un solo vincitore, il quale, anche se fisicamente devastato, vedrà partorita finalmente la propria creatura tanto desiderata. Al contrario la controparte finirà smarrita e priva di fari, luci e punti di riferimento, destinandolo ad un oblio senza speranza futura. Pur con momenti anche troppo confusi e lasciati in sospeso, questo film picchia duro (in tutti i sensi) al momento giusto, regalando frangenti interessanti ricchi di tensione e malessere. Buon film che fotografa al meglio l’attuale generazione Z, con i suoi pregi, difetti e difficoltà spesso estreme! VALUTAZIONE 3/5

H.E.