CITY OF GOD (Cidade de Deus) del 2002 di Fernando Meirelles & Kátia Lund

“Datemi retta …. l’onestà non paga”C’era una volta in Brasile …. avrebbe potuto intitolarsi così questo pilastro del cinema brasiliano post 2000. Basato sul romanzo semi-autobiografico dello scrittore brasiliano Paulo Lins,e ispirato a personaggi realmente esistiti (come scopriremo nei titoli di coda) questo film, ambientato nelle favelas di Rio De Janeiro, rappresenta uno snodo fondamentale per tutto il cinema crime del nuovo millennio, non solo brasiliano. Dal ‘nostro’ GOMORRA al più recente ORO VERDE colombiano, la scalata verso le vette della criminalità deve passare obbligatoriamente per il sangue, la morte e lo spaccio, simbolo quest’ultimo del potere di strada, o favelas come in questo caso. Un mix di violenza che sin dall’infanzia obbliga chi ne fa parte a non esitare ad uccidere per non essere ucciso. Il film, caratterizzato da decine di protagonisti (perlopiù bambini che finiranno per tramutarsi velocemente, o ambire a diventare, dei boss di quartiere), inizia in maniera frammentata raccontando eventi nati circa dieci anni prima (fine anni ’60) di quelli narrati successivamente (fine anni ’70 e primi ’80) e anticipati solo nella prima scena, divenuta cult, di un ragazzo intento a catturare una gallina, mentre si trova in mezzo ad un probabile conflitto a fuoco tra poliziotti e narcotrafficanti. Sarà proprio quel ragazzo, Buscapé (aspirante fotografo), la voce narrante e collante tra gli eventi passati e presenti di questa tragica storia. A prendere la scena in maniera prepotente, prima da bambino e poi da maggiorenne, sarà una figura ricorrente nella sua vita, nel bene (raramente) e nel male (quasi sempre): Zé Pequeno. Forse l’incarnazione stessa del male fatta persona, incapace di provare pietà e amore, alimentato solo dal fuoco della violenza e del sangue dei vinti, piccoli o grandi che siano. Tra amori sfuggenti, sogni improvvisi, miseria e degrado delle favelas, ‘la città di dio’ (un gruppo di baracche ordinate di periferia che ben presto di trasformerà in una giungla urbana) diventerà il fulcro dove le leggende della strada possono prendere vita e soprattutto …. prendere senza esitare la vita altrui. Forte di un ritmo serrato, inizialmente fondato su flashback continui che alla fine finiranno per incastrasi magnificamente tra loro, CITY OF GOD mette abilmente in risalto quanto sia dura e povera di valori la vita che avvolge le tane della droga brasiliana degli anni ’70 e primi ’80. Un periodo ruvido già narrato nel potentissimo PIXOTE di Héctor Babenco che nel tempo sarà destinato a peggiorare (ved. BUS 174, documentario estremo uscito sempre nel 2002 e che narra la tragica storia vera di uno dei ‘piccoli randagi’ presenti anche in questo film). Convulsa, frenetica e con un dinamismo esasperato da un montaggio spesso nevrotico, questa pellicola baciata letteralmente dal ritmo (musica locale sempre protagonista) e dal sole brasiliano, con un fotografia perennemente ‘carioca’, ci lancerà in pasto personaggi diversissimi tra loro, con i quali, sin da subito, finiremo per immedesimarci e forse tifare. Sinistramente anche per Zé Pequeno, prima vittima negativa del sistema e vera forza trascinante della storia, o per mettere in pace la nostra coscienza con Bené, suo braccio destro e ‘criminale buono e generoso’, che pagherà caro il suo desiderio di cambiare vita. Un simbolo chiaro ed evidente dell’impossibilità per tutti i figli della città di dio di uscire dall’enorme prigione creata da loro stessi. Un’opera che mette in luce le enormi contraddizioni di un paese come il Brasile (accentuate ancora di più qualche anno dopo dal ferocissimo dittico TROPA DE ELITE di José Padilha), dove la vitalità giovanile (quasi tutti gli attori bambino sono presi dalla strada) è destinata a fare i pugni con una violenza ineluttabile e perennemente destinata alla tragedia. Una parabola antropologica di strada che attraversa tre decenni del secolo scorso (’60, ’70 e ’80), impossibile da dimenticare e destinata a entrare di prepotenza nei nostri cuori. Un ritratto inquietante quanto fenomenale dei bassifondi di Rio De Janeiro (riprese fatte nelle claustrofobiche ‘vie’ delle favelas grazie all’autorizzazione, come avvenuto per LUCA IL CONTRABBANDIERE di Fulci, dei boss della malavita) dove le guerre tra gang continuano senza sosta senza sapere (come avvenuto nel film) come e da cosa siano state scatenate. Capolavoro senza tempo (da vedere assolutamente in lingua originale e non doppiato)! VALUTAZIONE 5/5

H.E.

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