COMBAT SHOCK (1986) di Buddy Giovinazzo

‘Agent Orange’ era il nome in codice, dato dall’esercito statunitense, ad un defoliante che fu ampiamente irrorato durante la Guerra del Vietnam, tra la fine degli anni ’60 e i primi 70. Le conseguenze fisiche, tra malformazioni immediate oppure ai figli di chi le subiva, furono devastanti. Buddy Giovinazzo, un giovane italo-americano appassionato di cinema, presentò come tesi di laurea un testo dal titolo ‘American Nightmares’, dedicato ai postumi della guerra da parte di un Veterano reduce del conflitto del Vietnam, mettendo tra le varie conseguenze di tali conflitto proprio il famigerato ‘Agent Orange’, in quanto il figlio del reduce, nato deforme, ne subì irrimediabilmente le conseguenze.
Primi Anni ’80, periferia newyorkese. Frankie è un veterinario di guerra la cui vita è scivolata decisamente nel cesso. Senza soldi e lavoro, con una moglie fastidiosa, un bambino deforme, amici drogati, spietati usurai e prossimo allo sfratto, Frankie cerca disperatamente di sopravvivere, fisicamente ma soprattutto mentalmente, in quanto i ricordi della guerra del Vietnam stanno letteralmente disintegrando la sua mente …..
Quando Giovinazzo si mise in testa di realizzare il film dalla sua tesi, all’età di soli 27 anni, trovo stranamente da parte della TROMA, già all’epoca una dinamica casa di produzione di film trash ma poco avvezza a opere serie come questa, l’unica interessata a supportare il suo progetto, cambiandone però il nome, da ‘American Nightmares’ a ‘Combat Shock’.
L’opera prima di Giovinazzo consiste in un rovescio, acido, brusco e ansiogeno, del sogno americano vincente di reaganiana memoria. Sin dall’intro iniziale, siamo catapultati negli incubi di guerra del povero Frankie, costretto ogni giorno ad affrontare i demoni post bellici. Mediante la quotidiana visione del neonato deforme (conseguenza del sopra citato ‘Agent Orange’), un esserino lamentoso volutamente similare al bambino pollo di Eraserhead di David Lynch, ed una irrefrenabile paranoia perenne legata ai ricordi devastanti del passato bellico (tra omicidi di massa, torture subite e corpi fatti a pezzi), sintomo classico dei reduci di guerra, a dimostrazione che la vera battaglia per i veterani inizia forse solo con il loro ritorno a casa.
Se in TAXI DRIVER la giungla d’asfalto rappresentava una continuazione distorta di quella verde vietnamita, in questo film le similitudini sono rappresentate dal marcio, dal degrado e da un’atmosfera perennemente squallida, dove nessuno sembra interessarsi del prossimo …. anzi, alla prima occasione non esista ad affondarlo ed umiliarlo. Il viaggio alienante nella periferia di una New York mai così putrida, tra papponi, puttane e tossici, finirà per deflagrare definitivamente la mente di Frankie, già messa a dura prova con la ricerca di aiuto nelle radici familiari, decise però a dimenticare un passato nero e recente della storia americana.
Nonostante i limiti evidenti causati da un budget ridotto all’osso, Giovinazzo sforna un’opera horror disturbante ed avvilente potentissima, capace di coniugare dramma e denuncia alla guerra (e post) del Vietnam, in maniera esemplare e tremendamente efficace. Il colpo di coda finale, estremo e scioccante, abbatte totalmente le già esigue possibilità di riscatto di Frankie in un America decisa a dimenticare in fretta una guerra persa e di conseguenza i suoi protagonisti in prima linea, divenuti all’improvviso un fastidio da nascondere sotto il tappeto colorato di stelle bianche su sfondo azzurro e strisce rosse. Consiglio di recuperare la ‘Unrated Director’s cut’ da 96 minuti, priva di censure e completa delle scene estreme inizialmente tagliate, per godere al massimo di uno dei film più scomodi, brutali ed estremi dedicati ai reduci traumatizzati dal conflitto in Vietnam! VALUTAZIONE 9/10

 

H.E.