CONFESSIONE DI UN COMMISSARIO DI POLIZIA AL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA (1971) di Damiano Damiani

“Come funzionario della legge, devi far rispettare la legge … non criticarla”
Dopo solo tre anni dal celebre IL GIORNO DELLA CIVETTA, Damiano Damiani torna con un film denuncia ancora più coraggioso sul potere tentacolare della mafia in Sicilia. CONFESSIONE DI UN COMMISSARIO è un film diretto, duro e amaro, reso immortale grazie soprattutto a corsi e ricorsi storici negli anni a venire, afferenti corruzione, criminalità e ingerenza della stessa nei palazzi del potere, economico, politico e soprattutto giudiziario, come nel caso di questa tragica vicenda di controversa (in)giustizia italiana.
Palermo. Bonavia è un commissario di polizia costretto a subire impotente il potere della Mafia e dei suoi affiliati in tutti gli affari più sporchi della città. Le sue indagini sono rivolte in modo particolare al boss Ferninando Lomunno, con il quale ha un conto in sospeso da diversi anni. Per avere giustizia, Bonavia non esita a liberare dal manicomio un ex criminale che ha conti in sospeso con Lomunno e che non avrebbe scrupoli nell’ucciderlo. L’attentato pilotato va male e sull’indagine piomba il nuovo procuratore distrettuale Traini, il quale entra subito in conflitto con Bonavia a causa delle sue rigide regole di giustizia, legate alle leggi italiane e la loro applicazione normativa. Lo scontro tra i due trova un compromesso grazie all’obiettivo di scoperchiare il vaso di pandora della malavita palermitana, che abbraccia imprenditori, politici e persino qualcuno all’interno della polizia e del palazzo di giustizia ….
Personalità di spessore e dialoghi tosti (quello di Lomunno in palestra è da antologia), segnano indelebilmente uno dei polizieschi italiani più riusciti dell’epoca, merito assoluto di interpretazioni memorabili (Franco Nero, Martin Balsam e Claudio Gora bucano letteralmente lo schermo), una colonna sonora opera di un Riz Ortolani in stato di grazia e una sceneggiatura scaltra, che ben mette in risalto le insidie dei palazzi di giustizia quando il potere criminale esterno appare nettamente superiore e per questo destinato a determinarne indelebilmente il percorso sociale ed economico. Una sceneggiatura perfetta che gioca abilmente le sue carte, mostrando quelle che hanno determinato la rabbia di Bonavia attraverso un flashback doloroso del passato, e poi quelle che caratterizzeranno il procuratore Trani, le quali si fonderanno su tentazioni, ricatti e calunnie tese a minare la sua incrollabile fiducia nella giustizia italiana. Damiani, per rendere ancora più cupa e drammatica la pellicola, non esita a mostrare violenza feroce e omicidi efferati, anche con donne e bambini uccisi per la ‘giusta causa’ della malavita. Se il conflitto tra i due funzionari dello stato caratterizza, spesso in maniera aspra, tutta la pellicola, il finale chiude il cerchio per entrambi in maniera tragica, amara ed estrema, sia dal punto di vista psicologico che fisico. Una pellicola italiana di sicuro impatto all’epoca e destinata ad essere ammirata anche oltre i confini nazionali, influenzando decine di pellicole crime future, italiane e non solo.
Un vero capolavoro senza tempo del nostro cinema, in quanto appare, conoscendo i fatti e misfatti italiani dei decenni a seguire, come un monito inquietante sul nostro …. ‘bel paese’!! VALUTAZIONE 5/5

H.E.

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