EL HOYO (THE PLATFORM) del 2020 di Galder Gaztelu-Urrutia

Sulla scia estetica de THE CUBE e sulla filosofia socio-politica di SNOWPIECER ed in parte di HIGH-RISE, ecco un horror sci fi decisamente interessante sotto tanti di punti di vista. Una sintesi spietata e cruda dell’umanità e del sui limiti. Quando le regole civili, e quelle imposte dalla legge democratica, vengono meno ma anche una messa in luce della risposta che attanaglia l’uomo sin dalla sua comparsa, ovvero non conosciamo l’inizio certo della creazione e ovviamente nemmeno la sua fine.
Un film che non necessita di prologo ed epilogo certi, può sfruttare al massimo il tema principale in maniera più libera e vincolata da spiegazioni inutili e tendenti al banale.
In un futuro prossimo, una seria di persone, colpevoli di reati ma anche incoscienti volontari vengono destinati a passare un periodo di tempo ne ‘EL HOYO’. Una piattaforma verticale su più piani, con due persone per livello, costrette a sopravvivere con quello che riescono a mangiare dalla piattaforma calata misteriosamente dall’alto e che passa al centro delle loro stanze. I piani alti sono quelli fortunati, in quanto la piattaforma viene riempita di cibo e bevande in maniera impeccabile, mentre man mano che scende il rischio di trovarla vuoto aumenta pericolosamente. Un giorno ne ‘EL HOYO’ giunge Coreng, armato (ognuno dei reclusi può portare un oggetto a piacimento) solo di un romanzo (Don Chisciotte della Mancia). Dopo un breve periodo di ambientamento, Coreng, al contrario del suo avido coinquilino di piano, è sempre più convinto che una divisione equa del cibo, da parte dei piani alti, della piattaforma, eviterebbe di far morire di fame chi è recluso nei piani inferiori …..
Se visioniamo il film sotto la lente politica, questo dimostrebbe e confermerebbe, per l’ennesima volta, quanto l’idea comunista di suddivisione equa della ricchezza sia destinata al fallimento quando prova ad essere messa in pratica (solo con l’uso della forza Coreng riuscirà ad imporre la sua idea palesata sin dai primi minuti). Dal punto di vista puramente umano, con protagonisti messi all’oscuro di molteplici risposte, escluse quelle ‘ovvie’, Galder Gaztelu-Urrutia presenta questo film come un esperimento sociale non troppo lontano, nonostante modalità e contenuti siano diversi, dal celebre ‘Esperimento carcerario di Stanford’, dove dei ragazzi furono divisi tra carcerieri e prigionieri. In questo caso ognuno, per sopravvivere, deve diventare belva oppure vittima, quindi destinato suo malgrado a perire miseramente. Molteplici personaggi vengono presentati e oggetto di analisi nel buco. Tutti finiranno per aprire e dare sfogo alla personalità di Coreng, forte di principi etici e morali ma consapevole che solo attraverso un uso estremo della forza e anche di un utopia (questa la scopriremo solo nell’ultima parte), sotto forma di un ‘messaggio’ per gli dei che sfamano e costringono alle barbarie più inaudite i reclusi de ‘EL HOYO’.
IL BUCO (titolo italiano) è un film che mette sul piatto, o meglio sulla piattaforma, più domandi e dubbi che risposte vere e proprio, preferendo lasciare allo spettatore la scelta se la libertà dell’individuo è vera e reale, oppure è sempre soppesata o abilmente bilanciata da chi lo sfama e lo tiene in vita. Se le componenti metaforiche allegoriche sul potere sono piacevolmente graffianti e taglienti quanto basta, non sono da meno le dosi massicce di tensione e quelle visivamente più estreme (gore, splatter, cannibalismo e violenza becera non mancano mai). Forse solo in finale non è sembrato all’altezza di quanto visionato in precedenza. Un applauso finale alla scenografia, semplice e scarna ma tremendamente efficace! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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