FACCIA D’ANGELO (2012) di Andrea Porporati

“L’unica roba che conta …. sono i schei” Dopo il grande successo della serie ROMANZO CRIMINALE approda, sempre su Sky, anche un’altra serie crime (mini, di solo due puntate) dedicata alla ‘Mala del Brenta’ ed in particolare alla figura di spicco della famigerata organizzazione criminale veneta che imperversò dagli anni ’70 fino ai primi anni ’90 nel Nord Est italiano, ovvero Felice Maniero. Pur non chiamandolo mai con il suo vero nome (nella serie sarà sempre chiamato ‘il Toso’), il boss della ‘Mala del Brenta’ ne sarà l’indiscusso protagonista, in quanto la sceneggiatura si basa principalmente sulle sue rivelazioni del 1995 che lo porteranno a diventare collaboratore di giustizia e finendo così per incriminare tutti i suoi complici dell’epoca (più di 400 furono incarcerati a seguito delle sue deposizioni). Campagna veneta anni ’60 sulle rive del fiume Brenta. Un bambino, che dimostra un’intelligenza fuori dal comune, finisce per essere attirato dalla vita da bandito dello zio, in quale non esita a farlo sparare con la sua pistola. Passano gli anni, e il ragazzo soprannominato dai suoi amici ‘Il Toso’, inizia una vita criminale sempre più in ascesa, che lo porterà inizialmente a rubare formaggi per poi passare ai sequestri ed infine alle rapine agli orefici e chiunque tratti oro e beni preziosi. Quando la banda del toso metterà le mani sui soldi dei casinò della zona e sullo spaccio di eroina, finirà per attirare le attenzioni della polizia prima e dell’antimafia poi ……. L’ascesa criminale di chi è nato povero, e sulla strada, per poi diventare un boss (all’epoca delle lire miliardario), ha da sempre attirato l’attenzione di tutti, scatenando uno fascino sinistro prima sui media e poi sulla gente. E’ il caso della figura di Felice Maniero e degli altri esponenti della Mala del Brenta. Figuriamoci di una nata in una zona depressa come il Veneto, quella degli anni ’60, per poi trasformarsi in pochi anni in uno dei motori economici dell’Italia, in quanto dove c’erano piccoli aziende familiari nascevano capannoni industriali, fattorie aziende agricole e laboratori artigianali fabbriche. Questo porterà una serie di bande giovani e spregiudicate a trovarsi in mezzo ad un vero Boom economico, dove chi prima arriva prima alloggia. La serie si divide in due episodi ben distinti, dove la prima rappresenterà l’ascesa inarrestabile del Toso, tra lusso e belle ragazze, mentre la seconda, caratterizzata da guerre di potere tra le diverse bande criminali in Veneto (non poteva mancare il regolamento di conti con i fratelli Rizzi di Venezia) e le fughe, divenute celebri nella realtà, da parte del Toso, dai carceri di massima sicurezza, destinati all’epoca solo a mafiosi e terroristi. La serie, troppo breve per descrivere due decenni circa di criminalità, sporca di oro, eroina e sangue, non è una docu serie (ma pura opera romanzata anche se ispirata alle gesta criminale succitate), in quanto, come scopriremo successivamente da parte di alcuni esponenti della mala (finiti in carcere come Giampaolo Manca e usciti solo qualche anno fa), la verità raccontata da Maniero rischia di essere scritta completamente. Pur con limiti evidenti, dovuti evidentemente al budget ed una narrazione a tratti troppo sbrigativa, la serie ha nei suoi personaggi la propria forza trainante. Non solo l’ottima prova di Elio Germano nei panni de Il Toso, freddo e calcolatore, daranno tono e ritmo alla storia. Saranno da elogiare anche quella della Ricciarelli nei panni della madre (uno dei veri soprannomi di Maniero era ‘cotoea’, chi è veneto capirà il perché), figura centrale della psicologia del protagonista, fino al braccio destro del boss, ovvero il ‘doge’ (nella realtà il succitato Manca), interpretato a meraviglia e con furore dal trevisano Diego Pagotto. Senza eccedere mai con l’accento veneto, anche se dominante nel film, FACCIA D’ANGELO è un’opera che scorre a meraviglia, con ottimi passaggi criminali, anche violenti, un’assai valida colonna sonora (bellissima ‘La tempesta è in arrivo’ degli Afterhours), discreti dialoghi affascinati scenografie anche naturali e personaggi che metteranno in luce solo in parte quanto becera e senza scrupoli fosse l’ascesa del boss della ‘quarta mafia italiana’ nel Veneto degli anni ’70 e ’80. Niente male! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.

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