FLOWERS (2015) di Phil Stevens

Primo capitolo di una anomala trilogia (LUNG II secondo capitolo e pseudo prequel di questo, mentre quest’anno vedrà la luce il secondo capitolo dal titolo FLOWERS II), che strizza l’occhio al cinema tedesco più estremo (in particolare a quello di Jörg Buttgereit e Marian Dora), destinata a diventare un punto di riferimento per tutti gli appassionati degli horror estremi (indipendenti) esplosi nei nuovi anni ’10. Una versione moderna, alquanto estrema e putrida, del purgatorio, con un viscido serial killer feroce nei panni del celebre traghettatore di anime Caronte. Sei anime femminili senza nome e senza voce (i fiori del titolo) destinate a rivivere gli ultimi istanti della loro vita (brevi ma dilatati per l’occasione) in un limbo etereo e metaforico che le costringerà a diventare consapevoli della loro morte, rivedendo piccoli stralci del loro spesso misero passato ….Se per molti nell’ultimo istante di vita si vede la luce, per Phil Stevens è più probabile il buio, o peggio ancora un luogo fisico come una casa fatiscente, dove le vittime del succitato serial killer sono costrette a rivivere i propri peccati, rimorsi e agonie recenti e forse anche passate. Tossicodipendenza, aborti, prostituzione e altri degenerazioni più o meno deprimenti finiranno per fare capolino lungo un percorso fatto di liquidi corporei simili al catrame e body horror, necessario quest’ultimo per estirpare le loro colpe o presunte tali. Ad accentuare questo malessere onnipresente nella pellicola, il regista vira su una fotografia color seppia e priva di colori vivaci, mortificando ancora di più le ragazze senza nome e costringendole più volte a strisciare come dei vermi attraverso un vortice dantesco claustrofobico, marcio e privo di speranza alcuna. Una morte estrema vista come una liberazione? Forse, in quanto solo nei loro ultimi istanti, in mezzo a carne deteriorata e liquami fetidi, finiranno quasi per giustificare il gesto vigliacco e feroce del loro giustiziere, mosso forse dall’impotenza oltre dalla follia omicida che lo pervade e che verrà ampiamente illustrata nel sopra citato LUNG II.Un’opera estrema privata della luce del sole, di dialoghi inutili ed ermetica per quasi un’ora, dopo la quale, nei venti minuti finali, ci permetterà solo nel finale di comprenderne la sua folle visione, immersa in un disagio esistenziale tutto al femminile poco edificante per le sue povere protagoniste. Piacevolmente disgustoso!! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.

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