GHOST DOG: The Way of the Samurai (1999) di Jim Jarmusch

“E’ poesia … è poesia della guerra “HAGAKURE è una delle opere più celebri e sacre della letteratura giapponese. Scritta nel XVII secolo da Yamamoto Tsunetomo e nota ai più come ‘il codice dei Samurai’, il titolo significa letteralmente “nascosto dalle foglie”. L’opera trasmette l’antica saggezza dei samurai sotto forma di brevi aforismi dai quali emerge lo spirito del bushidō, la via del guerriero, rivolgendosi al samurai solitario, denominato Rōni, il quale può trovarsi, per una serie di vicissitudini che non dipendono dalla sua volontà, senza un signore da servire. Seguito ideale del precedente DEAD MAN, altro film dalla forte spiritualità, GHOST DOG, che trae ispirazione dal succitato HAGAKURE, forse rappresenta al meglio, tra le sue pellicole, l’anima cinematografica del regista Jim Jarmusch, in quanto coniuga bizzarro e ironia al dramma filosofico, senza tralasciare un filone psicologico e spirituale destinato a riflessioni per nulla banali sul tempo e l’umanità interiore. Ghost Dog è un killer afro americano che lavora su commissione per Louie, un affiliato alla mafia agli ordini del boss italo americano Sonny Valerio. Quest’ultimo ordina a Louie di ingaggiare Ghost Dog per uccidere uno dei loro, colpevole di una relazione clandestina con la figlia dello stesso Sonny. Qualcosa durante l’esecuzione va storto e Ghost Dog, che vive secondo le direttive del ‘codice dei samurai’, finisce per entrare nella lista nera della mafia, la quale decide ad ogni costo di porre fine alla sua vita. Più facile a dirsi che a farsi, in quanto il sicario venderà cara la pelle senza mai rinunciare a proteggere il suo ‘padrone’ Louie ……Politicamente scorretto (offese a neri e indiani fioccano a ripetizione), con una costante ironia grottesca, questa pellicola vive e si autoalimenta nelle sue contrapposizioni e anomalie per quanto concerne il genere gangster e crime, mescolando stilemi classici del noir/crime d’annata a frangenti totalmente anti cinematografici. Merito della creazione di personaggi, principali e secondari, che sembrano usciti da un film d’animazione di Ralph Bakshi o un’opera di Robert Crumb (un boss amante della musica rap, un samurai di colore, un altro boss amante dei cartoni animati, un gelataio che parla solo francese, mafiosi e affiliati solo anziani), incapaci di essere seri ma che non esitano a uccidere senza pietà. In questa baraonda priva di valori saranno proprio quelli del protagonista, legati alla lealtà e fede assoluta negli aforismi del libro sopra citato (onnipresenti nel corso del film) a guidarci lungo un percorso che non limita violenza, sadismo, ignoranza e mancanza di rispetto per la natura che ci circonda. Quest’ultima infatti sarà pagata a caro prezzo da parte di chi ne abuserà senza vergogna alcuna (dai piccioni all’orso). Un film che profuma, come DEAD MAN, ancora di western (urbano) e leggi non scritte, quelle della ‘vecchia scuola’ (simboleggiata, tra le altre cose, dai piccioni viaggiatori), incomprensibili per i più, chiare e limpide per pochi. Questi rappresentati al meglio dal nostro Ghost Dog, reso unico da una prova monumentale di un grandissimo Forest Whitaker, bravo nel rappresentare una figura legata a rituali antichi e profondi, oltre a ad essere segnato da un passato doloroso e impossibile da dimenticare. Da citare, oltre all’incisiva colonna sonora, la presenza di una leggenda dei polizieschi italiani degli anni ’70 come Henry Silva. Un film non convenzionale ricco di amare verità! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

Link: FACEBOOK INSTAGRAM IMDb LETTERBOXD TRAILER

Una risposta a “GHOST DOG: The Way of the Samurai (1999) di Jim Jarmusch”

I commenti sono chiusi.