HALLEY (2012) di Sebastian Hoffman

Vivere e morire non sono state mai così vicine e intrecciate come in questo inquietante film messicano, caratterizzato principalmente da un potente contenuto esistenziale. Una pellicola che unisce il dramma del vivere quotidiano di un essere umano al dolore consapevole della putrefazione corporea, confine consapevole della nostra debole comparsa sulla terra. Beto, una guardia giurata, è un morto che cammina. Invisibile agli occhi dei suoi simili ancora vivi e incapace di morire per raggiungere l’aldilà. Mentre cerca di coprire l’odore della putrefazione del suo corpo e ne copre il disfacimento, Beto, cerca senza successo di aggrapparsi ad alcuni elementi umani per cercare di provare ad aggrapparsi a fatica a provare emozioni orami perse nel tempo ……. Se la cometa Halley citata nel titolo diventa visibile ai nostri occhi ogni 76 anni circa, il ciclo della vita di ogni essere umano appare, attraverso la visione del male di vivere di Beto, come un ciclo ineluttabile e realisticamente limitato, nonostante lo sforzo di ognuno di noi per negarne il destino fatale. Questo film di Sebastian Hoffman unisce impietosamente e magistralmente tematiche horror legate al parallelismo tra uomo e zombie (quest’ultimi siamo noi ma purtroppo fatichiamo ‘da morire’ nell’accettarlo), che da George A. Romero fino al poderoso nipponico MISS ZOMBIE di Sabu hanno segnato indelebilmente il genere, con il sottogenere che da un decennio a questa parte hanno trascinato il genere verso nuovi orizzonti, ovvero la fusione tra body horror e drama, con pellicole come CONTRACTED, THANATOMORPHOSE e DEAD GIRL. A queste tematiche, dove realtà e fantasia si fondono per illuminare la nostra crisi attuale, esistenziale e sociale, aggiungiamo poi un’estetica e uno stile tipico del cinema messicano contemporaneo, come ad esempio le pellicole di Amat Escalante e Carlos Reygadas, dove la regia diventa un’arma creativa e profonda in grado di scavare sotto la superficie della banalità umana per raccontarne appunto, come accadrà in questo film, i propri limiti. Attraverso lunghi silenzi (di Beto, non certo di chi gli sta attorno) e sospese visioni ad ampio respiro, le poche scene ‘forti’ del film (una nel finale è tra le più estreme del cinema drama horror recente), lasceranno un segno indelebile sullo spettatore, alimentando pesantemente le nostre paure per le malattie, il nostro disfacimento quotidiano verso la vecchiaia e l’allontanamento pericoloso dalla realtà. Saranno proprio i contrasti, chi si affanna in palestra per lottare contro il logorio umano o chi cerca di divertirsi nonostante tutto vada a rotoli, finiranno per caratterizzare le contraddizioni presenti nel nostro quotidiano. Quando tutto però appare negativo e mortificante, Hoffman stupisce con un messaggio di rinascita, prendendo le distanze da quello religioso ampiamente illustrato nella prima parte, sorprendente per il contrasto di luce e colori con quanto visionato in precedenza. HALLEY è un film poco convenzionale per chi cerca l’horror estremo infarcito di body horror e se cerchiamo un ‘disturbing drama esistenziale’ forte e coinvolgente. Prendendo le distanze da entrambi, questo film finirà per inglobarli entrambi in un messaggio universale negativo in superficie ma di speranza inaspettata nel profondo della sua anima! Notevole!! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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