HARD CANDY (2005) di David Slade

Uno dei titoli più originali e brillanti, degli anni 2000, nell’affrontare il delicato e scottante tema della pedofilia, è senza dubbio HARD CANDY. Un thriller ansiogeno e teatrale, ambientato quasi completamente nel medesimo luogo, una lussuosa abitazione fuori città, con solo due attori (se escludiamo due sporadiche apparizioni) e con un gioco continuo di ruoli inverti tra vittima e carnefice, figure destinate a slittare e scambiarsi completamente.
Hayley Stark è una quattordicenne sveglia, amante della letteratura e assidua frequentatrice di chat online. In una di queste conosce il fotografo trentenne Jeff Kohlver, il quale, dopo aver chattato con lei per settimane la invita ad incontrarlo di persona. Dopo un fugace ma intenso incontro in una caffetteria, Jeff invita Harley nella sua lussuosa casa fuori città, per un servizio fotografico. Dopo diversi ammiccamenti e simpatie tra i due, Jeff finirà diventare ostaggio della giovane ragazza, la quale appare quanto mai intenzionata a vendicarsi di Jeff, accusandolo di essere un molestatore di minorenni e di aver causato la morte di una sua amica. Inizierà per Jeff un lungo martirio, fatto di torture fisiche e psicologiche da parte di Hayley, determinata a svelare l’anima pervertita del trentenne fotografo ……
Thriller psicologico ad alta tensione, dove le prestazioni eccellenti dei due protagonisti (Ellen Page e Patrick Wilson) padroneggiano alla grande, senza mai svelare completamente la verità assoluta dei fatti esposti. Spesso questo può risultare snervante e poco accattivante. In questo caso però risulta vincente, in quanto le rivelazioni su entrambi non sono mai assolute e sono sempre ambigue e taglienti, mettendo piacevolmente in confusione lo spettatore, incapace in alcuni frangenti di distinguere il cattivo dal buono in maniera assoluta. Vertice del film è sicuramente la tortura alle parti basse del ‘povero’ Jeff nella parte centrale della pellicola. Assolutamente geniale e arricchita dalle innumerevoli citazioni erudite e l’ambigua menzogna, abilmente esposta, dalla giovane Harley. Una figura quanto mai enigmatica che richiama alla memoria non solo cappuccetto rosso (incazzata però) nella tana del lupo, bensì una figura vendicatrice da fumetto, capace di predire il futuro punendo nel presente. Se il titolo si rifà alla figura delle ragazzine minorenni in internet, le ispirazioni per la sceneggiatura arrivano dall’estremo oriente giapponese. In particolare quelle dove delle minorenni nei primi anni 2000 adescavano pedofili online per poi derubarli e ricattarli. Storia subito ripresa nel film STOP THE BITCH CAMPAIGN del 2001 di di Kôsuke Suzuki. Se la pellicola giapponese appariva sin da subito weird e goliardica, quella di Slade appare più seria, solida, concreta e provocatoria, nei confronti delle tematiche affrontate e analizzate attraverso un’analisi decostruttiva del carnefice e della sua vittima, destinandoli continuamente ad un’inversione dei ruoli imprevedibile inizialmente e mortificante poi, colpendo nella virilità l’orco di turno. Finale sospeso, in tutti i sensi, e aperto a molteplici interpretazioni, in linea perfetta con quanto narrato, descritto e mostrato in precedenza. Una visione estrema assolutamente imperdibile! VALUTAZIONE 9/10

 

H.E.