IL NOME DELLA ROSA (1986) di Jean-Jacques Annaud



“Il riso è un vento diabolico che deforma il volto e rende gli uomini simili alle scimmie”.Questo film, basato su uno dei più grandi romanzi italiani del ‘900, opera omonima e di una capacità quasi unica nell’unire giallo e storia erudita del nostro passato (in un’epoca, il 1300, cruciale per il cristianesimo falcidiato da lotte intestine e dove la santa inquisizione padroneggiava senza oppositori), ha l’arduo compito di racchiudere in poco più di due ore una vastità di contenuti e misteri di portata enorme. Dettagliati e abilmente narrati nel romanzo di Umberto Eco, pubblicato sei anni prima, ed incredibilmente destinati a lasciare un segno profondo anche nello spettatore del film di Jean-Jacques Annaud quasi quanto in quella del del lettore reso partecipe dell’indagine di Eco attraverso le gesta di Guglielmo da Baskerville e Adso De Melk. Due figure ispirate, come altre presenti nel film, a personaggi realmente esistiti, in particolare Guglielmo di Ockham e Adso da Montier-en-Der, teologo il primo e scrittore il secondo. Nel 1327 giunge in un monastero del nord Italia il francescano Guglielmo di Baskerville, accompagnato dal novizio Adso, per un incontro tra domenicani, francescani e delegati del Papa.L’ex inquisitore Guglielmo giunge nel monastero, noto per possedere una delle biblioteche più nutrite ed importanti di tutto il mondo cristiano, proprio mentre stanno accadendo strani avvenimenti. In particolare alcuni frati finiscono per rimanere vittime di strani omicidi. Mentre alcuni puntano il dito verso il demonio, Guglielmo inizia a scavare a fondo alla ricerca della verità. Proprio quando Guglielmo arriva a scoprire la verità, legata ad un misterioso manoscritto greco, giunge all’abbazia il temuto inquisitore Bernardo Gui per indagare, con i sui metodi brutali, sui misteriosi omicidi, rischiando cosi di offuscare quanto scoperto da Guglielmo …….Voce narrante di questa storia un vecchio Adso, oramai saggio e lucido nel narrare una serie di tragici eventi che lo portarono all’epoca, tra le altre cose, ad assaporare i piaceri della carne (quella ‘rosa’ citata nel titolo). Forza trainante della pellicola, oltre alle abilità degne del mastino di Baskerville Sherlock Holmes (non è un caso il riferimento al protagonista dei celebri romanzi di Arthur Conan Doyle), è sicuramente l’atmosfera sporca, omertosa e viscida onnipresente nella pellicola. La quale trova nell’abbazia italiana, sita in un luogo senza nome, il luogo ideale per ambientare un giallo che ha anche nei suoi personaggi, grotteschi e malvagi, la cornice perfetta e più congeniale per mostrare paure, superstizioni e lotte senza esclusioni di colpi atte a nascondere quella verità, quasi utopica, cercata fino allo sfinimento da Guglielmo. Se le basi sono molteplici, storiche, ambientali e letterarie, il fulcro di tutto rimane l’odiata e maledetta ironia, quasi un virus da estirpare per evitare un’imminente apocalisse inevitabile. Se i due protagonisti sopra citati saranno le luci di questa indagine sopraffina, a catturare la nostra attenzione durante la visione saranno i personaggi di contorno, come l’aiuto bibliotecario pederasta dall’aspetto inquietante e soprattutto Salvatore, il gobbo deforme dal passato eretico interpretato da un giovane Ron Perlman. Torture, omicidi efferati, scontri verbali ed ideologici di portata epocale ed in parte sempre attuali, finiranno per seguire di pari passo l’indagine, puramente scientifica, dell’acuto Gugliemo, interpretato da un ottimo Sean Connery. Un’indagine che permetterà di conoscere, attraverso quanto mostrato, il connubio anomalo tra ignoranza e conoscenza (destinata a pochi) che finì per segnare in maniera indelebile quei secoli bui, che finirono per diventare le fondamenta, non proprio solide, del cristianesimo europeo dei secoli successivi fino ai giorni nostri. IL NOME DELLA ROSA, che ha visto di recente anche un adattamento per la televisione attraverso una seria a puntate, rimane uno dei film cardine per quanto concerne la ‘santa’ inquisizione e la capacità di ridere di cose sacre (un parallelismo con gli attentati in epoca recente a Charlie Hebdo fa gelare il sangue), destinando così ad influenzare, per estetica ed ambientazione, buona parte del cinema storico degli ultimi trent’anni. Penitenziàgite!! VALUTAZIONE 9/10

H.E.