IL PORTIERE DI NOTTE (The Night Porter) del 1974 di Liliana Cavani

“Il complesso di colpa è un disturbo della psiche, una … nevrosi”. Controversa pellicola, in particolar modo per l’epoca, che affronta il dramma del nazismo sotto una nuova luce, meno nitida ma più intensa, filtrando il tutto attraverso un rapporto tra vittima e carnefice dove amore, passione e sadomasochismo si intrecciano in maniera inevitabilmente indirizzata verso l’estremo. Vienna, 1957. Lucia, un’ebrea sopravvissuta ai campi di concentramento nazista, scopre che il suo ex torturatore (e amante), Maximilian, lavora come portiere in un lussuoso hotel viennese. Quando la coppia tenta di ricreare la particolare e anomala relazione sadomasochistica nata durante la guerra, gli ex compagni SS di Maximilian, intenti in un’analisi folle di pulizia morale dello stesso, iniziano a perseguitarli ……IL PORTIERE DI NOTTE è una pellicola insolita nel cinema italiano, ed europeo, dell’epoca (lo stessa vale per tutto il cinema della Cavani). Non solo per la componente erotica e sadomaso, pesantemente oggetto di becere censure all’epoca della sua uscita (principalmente in Italia), bensì per una impossibile revisione degli orrori nazisti nascosti sotto il tappeto di una storia d’amore destinata ad andare oltre ad essi. Un tappeto però volutamente posato sopra per decenni (e forse ancora oggi) da un’impossibilità di revisione storica libera da pregiudizi e buonismi a tutti i costi, dove la divisione tra bene e male non ammette dibattiti e processi al di sopra delle parti. E’ in questa sottile ma voraginosa crepa che si infila IL PORTIERE DI NOTTE, esteticamente decadente, torbido e omertoso, dove i ricordi dei nostri due protagonisti sono elaborati e mostrati in maniera volutamente poco veritiera ma in linea con l’amore dell’uno nei confronti dell’altro. Una visione dove tutto, anche l’orrore della guerra più terrificante della storia dell’umanità, può, con il passare del tempo, apparire non così feroce, prediligendo solo le immagini dei ricordi più piacevoli (ma accade nella vita di tutti) e tralasciando quelli intrisi di negatività. Quest’ultime però non possono sparire con un colpo di spugna, e finiranno, più per paura di perdere nuovamente la propria amata, a tormentare psicologicamente Max, un uomo feroce (non solo per il passato da SS ma anche per il presente) che non accetterà mai di dividersi dalla sua dolce metà. A rendere affascinate e accattivante questa pellicola ancora oggi, anche dal punto di vista erotico, è indubbiamente la prova superlativa e fisicamente magnetica di Charlotte Rampling nei panni di Lucia. Punto nevralgico di un rapporto ‘vittima-carnefice’ destinato a diventare emblema di come una guerra, con abomini annessi come i campi di concentramento, sian in grado di stravolgere etica, morale e perfino etichette pseudo culturali. Se da una parte i falsi processi terapeutici degli ex nazisti rasentano volutamente il ridicolo, chiaro parallelismo con i processi falsa del dopoguerra, dall’altra la Cavani non esita a infliggere alla coppia una inevitabile punizione per la fuga dalla realtà e dai propri obblighi civili nei confronti di una società malata nel profondo, incapace di curarsi da sola e costretta a nascondersi nel buio della notte proprio come il portiere Max. Pur essendo ispirato da pellicole precedenti come ULTIMO TANGO A PARIGI e LA CADUTA DEGLI DEI, questo film anticipa tematiche e visioni estetiche scioccanti che ritroveremo nelle opere successive SALON KITTY e SALO’ O LE 120 GIORNATE DI SODOMA, finendo così per inserirsi perfettamente, non solo dal punto di vista temporale e storico ma anche qualitativo, in un’epoca d’oro del nostro cinema. Unico! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.

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