IL SIGNOR DIAVOLO (2019) di Pupi Avati

In un anno non certo privo di novità estreme tricolori e decisamente originali (IL PRIMO RE, FUNERALOPOLIS, BRAID), forse quella più attesa è l’opera di un veterano del nostro cinema, un classe 1938 che risponde al nome di Pupi Avati. Regista dall’immenso valore artistico e umano con alle spalle una carriera ultra cinquantennale, di estrema qualità, in grado di spaziare con disinvoltura tra diversi generi mantenendo uno stile proprio, unico e facilmente riconoscile.
Il suo LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO rimane ancora oggi, a 43 anni di distanza, uno degli horror più amati ed ammirati, non solo in Italia. Proprio per questo motivo il suo ritorno al genere non poteva che destare interesse e, ovviamente, un’attesa pronta anche ad un giudizio attento e maniacale da parte dell’appassionato di questo genere, che ha reso grande il nostro cinema nel secolo scorso e che sembra delegato ormai solo ad un mercato indipendente che tende spesso a scimmiottare (male) pellicole straniere per raccogliere qualche consenso. <br>Una premessa doverosa e obbligata, considerato il nome e valore del regista di quest’opera, per introdurre una breve analisi di un film horror che ha tutte le carte in regola per entrare nel cuore di tutti gli appassionati italiani (e speriamo anche fuori dai nostri confini) di un genere horror oramai considerato per nulla secondario o solo di puro intrattenimento in tutto il mondo.
1952. Laguna veneta. Un fatto di cronaca nera, che ha visto un ragazzino, Giulio, uccidere un suo coetaneo, Emilio, in quanto considerato da lui il diavolo e causa della morte del suo migliore amico, è destinato a smuovere interessi anche nei piani alti della politica e della chiesa. La madre della vittima è molto potente nella zona e, da sostenitrice della DC (Democrazia Cristiana), ha cambiato opinione politica assumendo una posizione assai critica nei confronti della Chiesa e di chi politicamente la supporta. Per evitare l’accusa di qualche uomo o donna di fede cattolica, che getterebbe ombre sulla chiesa e di conseguenza sulla DC, prossima ad una battaglia elettorale decisiva, viene inviato il funzionario ministeriale Furio Momenté al fine di evitare il coinvolgimento di persone legate alla DC e di riappacificare la madre della vittima…….
Se il buongiorno si vede dal mattino, i primi sessanta secondi di questa pellicola ci mettono subito in guardia su cosa ci aspetta. Una scena abominevole e terrificante, destinata a diventare oggetto ossessivo della ricerca da parte del giovane Momenté per cercare quella verità scomoda, occulta e raccapricciante, negata dalla maggior parte delle persone coinvolte in questa vicenda. Una storia figlia principalmente di filastrocche, proverbi e storielle narrate prima del calar del buio in un territorio all’epoca povero, avvolto nella miseria e dove il deterrente della paura verso l’ignoto veniva usato per placare e mortificare desideri di conoscenza opposti a quelli imposti dal prete di turno, portavoce di una verità assoluta perché considerata tale. 
Per catapultare fino in fondo lo spettatore in questo mondo contadino di paure e superstizioni, troviamo una carrellata variopinta di numerosi personaggi, simbolo e specchio dei piccoli paesini veneti dell’epoca. Dalla bella del paese all’immancabile ‘strano’ di turno (in questo caso sarà Emilio, interpretato a meraviglia da Lorenzo Salvatori, la vittima accusata di essere il signor diavolo), tutti forse consapevoli ma timorosi di una verità terribile e aberrante, abilmente occultata alle autorità per timore di ritorsioni e vendette. L’indagine di Momenté (che richiama inevitabilmente alla memoria quella del giornalista di CUSTODES BESTAIE di Lorenzo Bianchini e del restauratore del succitato LA CASA DALLA FINESTRE CHE RIDONO) finisce per diventare sempre più avvolgente e resa più intrigante dall’amplificazione estrema nella sua mente dell’interrogatorio con racconti annessi al ragazzo accusato di omicidio, mantenendo così costante il nostro livello di attenzione per conoscere l’agognata verità. Atmosfere cupe e mortificanti, abilmente rese gotiche da una fotografia privata della luce del sole e di colori vivaci, con ambientazioni, a cavallo tra terra e laguna, che ben rendono l’idea di un luogo facilmente corruttibile dalle dicerie, malelingue e soprattutto dalla corruzione del demonio, sotto forma umana e non. Grazie anche ad un cast di assoluto valore e facilmente riconoscibile (Andrea Roncato, Alessandro Haber, Gianni Cavina ed un’inquietante e convincente Chiara Caselli nei panni della madre di Emilio), costumi volutamente sgualciti, case diroccate, chiese dall’aspetto sinistro e un gruppo di collaboratori ben noto al popolo horror (Ivan Zuccon al montaggio e Sergio Stivaletti agli effetti speciali solo per citarne un paio), promuovono IL SIGNOR DIAVOLO (titolo e significato dello stesso che saranno per chiariti nel corso della pellicola) a horror di assoluto valore e di sicuro avvenire. Un’opera sinistra capace di incutere timore ma anche di diventare universale nella sua provocazione politica e sociale afferente il desiderio, spesso italiano, di occultare per salvare la sedia a qualcuno innamorato a dismisura della stessa. Se il sopra citato inizio shock lascerà inorriditi, il finale vi lascerà di sasso. Chapeau e grazie maestro Avati, questo è un signor Horror! VALUTAZIONE 4/5

H.E.