KALEIDOSCOPE (2017) di Rupert Jones

Thriller psicologico inglese che rimanda costantemente, come si evince dal titolo con il richiamo al caleidoscopio, a figure molteplici (femminili in questo caso) destinate a sovrapporsi ed incatenarsi continuamente tra loro nel corso di una storia triste, confusa, contorta e allo stesso tempo magnetica, che mette al centro la inevitabile solitudine di un uomo lontanto dai binari della vita e della società che lo circonda.
Carl è un uomo single sulla cinquantina che lavora come giardiniere, senza amici e che vive una vita apatica e triste. Da subito si evince un rapporto complicato con la ormai anziana madre, la quale cerca di contattarlo più volte lasciandogli numerosi messaggi nella segreteria telefonica. Se da una parte si allontana dalla società, dall’altra decide di farsi coraggio ed organizza nel suo appartamento un appuntamento al buio con Abby, una ragazza conosciuta online. L’incontro non finirà per niente bene, tanto peggio con il ritorno a sorpresa nella sua casa dell’anziana madre. Come il caleidoscopio che Carl conserva (e utilizza alla ricerca di improbabili risposte) gelosamente a casa, nella sua mente inizieranno a confondersi le figure della madre e di Abby, trascinandolo in un mondo paranoico senza fine…….
Come per i recenti THE GHOUL e TILT, anche in questo film i concetti contorti della scala di Escher e bottiglia di Klein finiranno per diventare la spina dorsale della follia claustrofobica ed ossessiva del suo protagonista, enfatizzata ancora di più da un allontanamento dalla realtà temporale e fisica auto alimentate dalla sua nevrosi paranoica. Se la follia personale di Carl nasce e risiede inevitabilmente nel suo passato, nel rapporto sconnesso e pieno di rancori con la madre (interpretazione gigantesca dell’attrice Anne Reid), è proprio il sovrapporsi di multistrati spaziali e temporali, ricordi d’infanzia e presente, che lo costringe a vivere privandosi continuamente della realtà, filtrata continuamente per sensazioni, paure personali, ricordi nebulosi e notizie quotidiane falsate che attraversano la sua mente sempre più travagliata. Perfetto nel ruolo di Carl l’attore Toby Jones, un volto che trasmette al meglio tutto il disagio del protagonista, diretto dal fratello nella sua opera prima come regista. Omaggi e citazioni del cinema di Alfred Hitchcock e Roman Polanski a più riprese, dove tutto sembra esplodere da un momento all’altro, finendo invece per implodere e disinnescarsi nel finale, inaspettato sì, ma forse poco sorprendente, scioccante e risolutivo viste le premesse iniziali. Un thriller psicologico cupo ed inquietante, sulla misera solitudine personale in puro stile british, destinato a causare diversi mal di testa a fine visione per risolvere l’enigma nella mente dell’omuncolo Carl, personaggio confuso ed …… infelice! VALUTAZIONE 8/10