
Una bambina di circa due anni viene abbandonata dalla madre (con addosso un biglietto con poche righe confusionarie), su un’altalena di un parco giochi di periferia, a San Basilio, periferia di Roma. La ritrova Patty, una signora quasi sessantenne, che se ne prende cura, portandola con sé nella roulotte dove vive nel campo abitato da artisti circensi. In breve tempo Aia (soprannominata la pivellina prima e Asia poi) diventa la mascotte della comunità, trovando all’improvviso una nuova famiglia che si prenderà cura di lei. Oltre a Patty e dal suo compagno Walter, ci sarà anche il tredicenne Tairo, nipote di Patty, che si comporterà come un fratello maggiore.<
Una comunità povera, perlopiù composta da circensi di strada perlopiù decaduti ed appartenenti ad un passato ormai lontano, finirà per dimostrare di quanta umanità e solidarietà sia capace di tirare fuori nei confronti di una bambina abbandonata, forse perché avvezza alla difficoltà giornaliere e della vita, come scopriremo con il prosieguo della storia.
Opera di una leggerezza e profondità unica, che ricorda per la tecnica usata nello stile, in particolare nel descrivere l’umanità complessa ma semplice allo stesso tempo dei suoi protagonisti, Fellini ed Herzog. Fellini inevitabilmente, in quanto a tratti sembra di ritrovarsi negli anni ’70 del suo I CLOWNS, con artisti di strada destinati, nonostante le loro abilità circensi, a rimanere senza spettatori e quindi sempre più soli. Mentre per quanto concerne Herzog, la capacità di sembrare invisibile durante le riprese ma di riuscire ad incidere in maniera determinante per scavare nel profondo dell’animo delle persone coinvolte, Patty su tutti. E’ lei l’assoluta protagonista, rude solo in apparenza, in quanto dimostra di essere ricca di principi contenenti convivenza e altruismo sempre più rari ai giorni nostri, desiderosa di essere quella madre mancata in gioventù. E poi c’è lei, la pivellina Aia, battezzata Asia, che finirà per trovarsi felice in un mondo povero ma ricco di amore fino ad allora a lei sconosciuto. Non importa se tutto quanto visionato sia vero o frutto di una sceneggiatura, in quanto il finale, assai amaro, racchiuderà al meglio il titolo secondo di questo singolare documentario: ‘non è ancora domani’!
LA PIVELLINA è un’opera emotivamente forte e ricca di umanità oramai perduta e merce sempre più rara, da vedere assolutamente per riscoprire anche in noi stessi quei valori sopracitati miseramente sottovalutati al giorno d’oggi. VALUTAZIONE 3,5/5
H.E.
