LE DAIM (DOPPIA PELLE) del 2020 di Quentin Dupieux

Al suo nono lungometraggio Quentin Dupieux firma forse il suo capolavoro. Difficile, se non impossibile, aspettarsi a scatola chiusa e soprattutto dopo ‘AU POSTE!’, film che aggiunge poco o nulla a quanto già visionato in precedenza di Mr. Oizo, una pellicola weird estrema così robusta, solida e sorprendente come questa DOPPIA PELLE (titolo italiano).Georges è un ultra quarantenne che volta le spalle alla vita quando diventa ossessionato da una giacca scamosciata 100% made in Italy. Bruciati tutti i suoi risparmi per acquistarla, viaggia senza meta nell’entroterra francese improvvisandosi regista. Nel bar dell’hotel dove alloggia (impegnando la sua fede) incontra Denise, una ragazza con l’hobby del montaggio. Con lei inizia ad elaborare uno scalcinato ma letale piano cinematografico per eliminare tutte le giacche che incrociano sulla loro strada …..”Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione” Mai come questa volta l’epica frase targata Perozzi (AMICI MIEI di Mario Monicelli), si può e deve affiancare all’ultima fatica di un vero genio del cinema dell’assurdo e del grottesco moderno come Quentin Dupieux. Se RUBBER alla lunga distanza sembrò un’opera incompleta con momenti di scarso mordente e ritmo troppo blando, LE DAIM ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo grande cult dell’estremo, forse anche superiore al suo WONG COPS. Impensabile per buona parte, in quanto seguiamo per almeno 50 minuti le gesta insulse ma elettrizzanti del nostro Georges, armato della bellissima giacca di pelle. Quello che avviene nell’ultima mezz’ora è un viaggio nella mente demenziale e letale di uno serial killer più originali, energici e fantasiosi del cinema recente. Non solo per l’arma che utilizzerà (da non credersi), la sua motivazione (eh … giacconi e giacche indigeste) e il concetto di ‘metafilm’ incredibilmente originale, bensì per la costruzione precedente ad essa (con personaggi apparentemente secondari che ritorneranno di prepotenza proprio nel finale), che finirà per intrecciarsi a meraviglia con gli eventi dell’ultima parte. Brillante quasi quanto Georges la sua inattesa alleata Denise (‘Ho messo in ordine cronologico PULP FICTION ….. visto così fa schifo). Un duo del ‘male con il sorriso’ affiatato e distruttivo per chi li incrocia o entra a far parte del loro ‘film indipendente’. Un ‘film nel film’ che meriterebbe uno spazio tutto suo e non è escluso, conoscendo Dupieux, che prima o poi questo gioiello veda la luce. Da incorniciare, oltre alla sempre brillante colonna sonora, una fotografia vintage in sintonia perfetta con il protagonista e la ‘sua’ giacca scamosciata. Quest’ultima destinata a risvolti psicologici imprevedibili quasi quanto quelli del ‘suo’ proprietario e della altrettanto geniale ‘compagna’ di avventura Denise. Un’opera in superficie ricchissima e che nasconde in profondità molteplici tematiche, dalla mascolinità ferita al desiderio di essere quello che indossiamo a tutti i costi. Uno ‘shlasher weird’ da applausi, da trionfo del ‘non sense’ e con un finalissimo da oscar dell’estremo. Chapeau!! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.

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