MATAR A DIOS (2018) di Caye Casas & Albert Pintó

 

 

«Dio è morto! Dio resta morto! E noi l’abbiamo ucciso! Come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gli assassini? Nulla esisteva di più sacro e grande in tutto il mondo, ed ora è sanguinante sotto le nostre ginocchia: chi ci ripulirà dal sangue? Che acqua useremo per lavarci? Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci? Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni?» Scomodiamo senza timore la ‘parabola del folle’ di Nietzsche, ateo convinto, inevitabilmente citata in questa brillante, bisbetica e turbolenta commedia nera spagnola, dove Dio appare come un piccolo, brontolone e facilmente irritabile nano barbuto, senza dubbio infame, armato, nonostante le apparenze, di un cinismo veritiero scomodo e senza filtro sulla natura umana e le sue debolezze certe e poche virtù. Carlos invita suo padre e suo fratello a trascorrere il capodanno in una strana casa isolata nella foresta con lui e sua moglie Ana. Quella che si prometteva di essere una tranquilla cena in famiglia, improvvisamente viene interrotta dalla presenza di un vagabondo singolare, un nano perfido, che afferma di essere Dio. Il quale minaccia di sterminare la razza umana all’alba, salvando solo due persone appartenenti alla famiglia. Da quel momento in poi il destino dell’umanità poggia sui quattro ingenui componenti del nucleo familiare, che desiderano (quasi) tutti salvarsi ……

Quanto sarebbe piaciuto questo film al mai dimenticato Mario Monicelli? Senza dubbio tantissimo, considerato non solo che anche lui come Nietzsche era un ateo convinto, ma soprattutto perché mostra quando l’uomo viene messo alle strette, mostra le parti peggiori, più sporche e oscure che albergano silenziose in un angolino, spesso nascosto, del proprio cuore. Ambientazione teatrale e minimale, non priva di riferimenti teologici, biblici e apocalittici, dialoghi ironici al veleno, con personaggi ben caratterizzati e portatori malsani di desideri, speranze, rimpianti che affliggono da sempre l’umanità nei momenti peggiori o prossimi alla fine. Quell’insano desiderio di ‘togliersi un sassolino dalla scarpa’ come se non ci fosse un domani. Ed è quello che sono portati a credere i quattro del bislacco e disfunzionale nucleo familiare al cospetto del barbuto, arguto e filosofeggiante Dio. Se il film nella prima parte fatica leggermente a carburare, nella seconda parte regala il meglio ai nostri occhi, non solo per il gore mostrato, bensì per le analisi graffianti, sulla religione in generale, e visivamente bizzarre nel finale, dove appaiono quanto mai catacombali di una umanità destinata, proprio come detto dal piccolo barbuto nella scena iniziale, ad una inevitabile fine.

MATAR A DIOS è un film frizzante, brillante e grottesco, dove la superficie da commedia nera, alla Álex de la Iglesia per intenderci, nasconde amarissime verità della vita, drammatiche e prive di luce divina. Ringrazio il produttore della pellicola per la visione in anteprima ed il ‘Selva Nera Fantastic Film Festival’, nel quale MATAR A DIOS ha vinto il premio come miglior film, per averlo pubblicizzato, alimentando al punto giusto la mia curiosità estrema. VALUTAZIONE 8,5/10

 

H.E.