ONCE WERE WARRIORS (Una volta erano guerrieri) del 1994 di Lee Tamahori

ONCE WERE WARRIORS, del regista neozelandese Lee Tamahori di origini Māori, è un concentrato esplosivo di violenza furiosa, drammaticità familiare, sociale e storica, rabbia secolare e orgoglio d’identità tribale e nobile, di un passato lontano ma mai dimenticato, come quello dei guerrieri Māori.
Nuova Zelanda. Nei sobborghi degradati di Auckland vive la famiglia di Beth, discendente da una nobile stirpe Māori. Beth si è sposata, contro la volontà dei genitori, con un discendente di schiavi, Jake Heke detto la Furia, un bruto violento ed ubriacone che la tratta come una serva e la picchia selvaggiamente alla prima occasione.
Il rapporto complicato tra i genitori, il degrado nel quale è immersa la loro comunità di nativi, finisce per riflettersi sui loro figli più grandi. Il più grande Nig si aggrega ad una banda di teppisti locali. Booge finisce in riformatorio per piccoli furti mentre la sognatrice e pensatrice Grace lotta con tutte le sue forze per mantenere normalità ed equilibrio all’interno del fragile nucleo familiare. Purtroppo quando anche Grace finirà nell’oblio a causa delle negligenze del padre e dei suoi ‘amici’, la situazione familiare precipiterà rovinosamente ………<br>Tratta dal romanzo omonimo, e best seller in patria, di Alan Duff, questa pellicola è una storia che mette al centro la famiglia, avvolgendola in un universo di miseria, squallore, degrado e ghettizzazione. Se per alcuni l’alcool sembra essere l’unica soluzione dove affogare frustrazioni secolari, per altri vi è una ricerca ossessiva di mantenere le origini attraverso riti, tatuaggi e usanze tribali appartenenti ad un passato oramai lontano.
Se da un lato il film coinvolge grazie alla forte caratterizzazione dei suoi protagonisti principali, sui quali spicca lo squallido e pessimo padre Jack Heke (Jack la Furia nella versione in italiano), un misogino bullo della peggiore specie, dall’altro è il limbo nel quale sono tutti recintati a lasciare senza fiato e soprattutto senza speranza. Una speranza quasi invisibile che sembra sorreggersi sempre e solo sulle figure femminili, di madri e figlie, forti di un’indole protettrice che va oltre gli obblighi morali, etici e tradizionali all’interno di una comunità. Sarò proprio una di queste figure, la figlia Grace, a divenire simbolo di questa lotta destinata alla sconfitta rimanendo avvolta, nonostante la purezza della sua anima, da questo male perenne che impedisce alla comunità di evolvere e non rimanere affogata nella merda sociale nella quale vive tutti i giorni. Un contesto sociale, culturale e storico che richiama alla memoria quello avvenuto in America con i nativi americani e nella vicina Australia con gli aborigeni, dove la loro ghettizzazione ha costretto questi popoli ad una bruttura e miseria inevitabile, comoda ovviamente per chi li li ha costretti, i coloni europei, ad violenza miserabile proprio tra appartenenti allo stesso gruppo etnico. Una rabbia che troverà nei pugni di Jack prima ed in eventi devastanti poi la sua inevitabile conclusione a quanto descritto in precedenza. Eventi intensi e spiazzanti, che spaziano con disinvoltura tra risse sanguinarie, allegre feste tra amici e momenti disturbanti e distruttivi, destinati a lasciare segni indelebili e ferite perenni sulla famiglia, già in partenza per nulla idilliaca, di Beth.
ONCE WERE WARRIORS rimane ancora oggi uno dei film estremi più forti e significativi degli anni ’90, capace dopo 25 anni di colpire ancora in maniera violenta cuore e anima, costringendo lo spettatore ad un’analisi feroce sulle difficoltà evidenti di una comunità fiera e leggendaria come quella Māori, ampiamente brutalizzata e resa misera dallo strapotere, militare ed economico, della colonizzazione inglese dell’epoca prima e neozelandese poi.
5 anni più tardi, nel 1999, vedrà anche la luce un sequel (non diretto da Tamahori) assolutamente dimenticabile, incentrato perlopiù sulla figura rissosa di Jack, perdendo però tutta l’anima violenta e disturbante di questa storica pellicola neozelandese.
Un vero capolavoro estremo da visione obbligatoria! VALUTAZIONE 5/5

H.E.