PAIN&GAIN – MUSCOLI E DENARO (2013) di Michael Bay

Il film più riuscito, a mani basse, della filmografia di Michael bay, nota macchina da dollari del cinema americano più sfavillante ma poverissimo di contenuti, è un flipper impazzito e coloratissimo basato su una storia vera, assurda quanto triste e soprattutto tragica, avvenuta negli sfavillanti anni ’90 del nuovo sogno americano. PAIN&GAIN è un vortice esagerato di muscoli, pupe, cocaina, soldi facili e truffe sanguinarie a ritmo di videoclip multi cromati. Un’opera che mette in luce il desiderio di successo strombazzato da guru inneggianti al successo assoluto (questi non muoiono mai e si moltiplicano a vista d’occhio anche oggi nel nostro bel paese) attraverso motti auto convincenti e vincenti senza limiti. Il tutto mostrato e raccontato (dalla voce fuori campo del protagonista principale Lugo) attraverso un filtro ironico da ‘black comedy estrema’ e action tipicamente a stella e strisce. In Amerika tutto è possibile, basti pensare al lupo di Wall Street Jordan Belfort, raccontato e presentato in maniera brillante ed esagerata da Martin Scorsese. In questo caso abbiamo dei lupi palestrati imbottiti di rabbia, invidia e desiderio di essere come gli altri, privati però di quell’intelletto e astuzia che necessita per svincolarsi e uscire dalla montagna di merda creata un casino dietro l’altro. Miami. Daniel Lugo è un body builder appena uscito di prigione e trainer di fitness ossessionato dal conseguire il classico sogno americano, raggiunto da alcuni suoi ricchi allievi che non perdono occasione per ostentare la loro fortuna. Tra questi vi è l’ebreo colombiano Victor Kershaw, un magnate della ristorazione arrogante e presuntuoso, che ritiene che Daniel sia solo uno sfigato. Daniel, ispirato dal guru asiatico della motivazione, Johnny Wu, escogita un piano per sequestrare Kershaw per poterlo ricattare e potergli estorcere tutti i suoi beni. In questo progetto criminale Daniel non fatica a coinvolgere due amici, Doyle e Doorball (il primo un ex galeotto palestrato fissato con Gesù, il secondo un impotente imbottito di steroidi anabolizzanti) nel portare a termine il rapimento di Victor Kershaw. Lo scopo è quello di farsi trasferire i suoi averi attraverso un atto notarile, da confermare successivamente dal socio della palestra di Lugo, notaio non in attività ma sempre in possesso del fondamentale timbro. Le cose però, non andranno come sperato ………Pellicola tambureggiante, dal ritmo incalzante ed estremamente dinamica che trova nei suoi interpreti principali (in particolare Mark Wahlberg nei panni di Lugo e Dwayne Johnson in quelli di Paul Doyle) la propria forza trainante, in quanto ogni attore sembra essere nato per quella parte. A confermare tutto questo gli illuminanti e favolosi titoli di coda, con le foto ed il fatidico destino dei veri protagonisti di questa storia. Se nella prima ora non si respira mai, grazie al folle rapimento e conseguenti torture ai danni di Victor Kershaw, nella seconda l’entrata in scena di un poliziotto in pensione, interpretato da un sempre roccioso Ed Harris, porta quell’equilibrio necessario al film per mantenere vivo il nostro interesse e regalare nuova linfa vitale alla storia. Destinata questa a scivolare ancora di più in un delirio di azioni, personaggi secondari, situazioni bizzarre sempre più autodistruttive (l’inseguimento ai danni di Doyle con tanto di alluce del piede troncato vale da solo il prezzo del biglietto) e linguaggi sempre più scorretti (la scuola del Lugo ricco ai figli dei vicini su come rimorchiare a Miami è una vera perla). Ad impreziosire il film le virate estreme, con tanto di gore, splatter e sangue a fiumi, filtrati sempre attraverso una luce ironica e ‘american style’, che finirà per divertire (la grigliata con le mani amputate) e non annoiare mai. L’unico vero difetto del film è questo continuo ritmo incessante, privo di vere pause che averebbero dato alla pellicola una maggiore sostanza e sostanza anche alla figura psicologica dei personaggi (i limiti di un regista come Bay alle prese con una storia vera alla fine emergono). Ciò nonostante PAIN&GAIN funziona e riesce, con le dovute proporzioni, a trasportare lo spettatore nella Miami degli anni ’90 e nei suoi sogni di gloria, eccessivi e super pompati dalla ricerca del successo ad ogni costo (sangue altrui compreso) e soprattutto dell’agognato sogno americano. Ultima chicca, il processo finale, decisamente oltre! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.

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