PICNIC AT HANGING ROCK (1975) di Peter Weir


‘La vita è sogno …. soltanto sogno, il sogno di un sogno’ Con questa parole enigmatiche, profetiche e misteriose, fortemente legate alla tradizione e cultura aborigena del ‘tempo del sogno’, siamo catapultati in una delle pellicole più ricche di fascino estremo della storia del cinema. Tratto dall’omonimo romanzo di Joan Lindsay, tratto a suo dire da una una storia vera (ma sarà solo opera di finzione), il film del regista australiano Peter Weir è divenuto nel tempo un film culto difficilmente superabile per quanto concerne l’alone di mistero che avvolge gli eventi, narrati, mostrati e raccontati in maniera rarefatta che, pur lasciando in sospeso l’enigma del mistero principale afferente le ragazze scomparse nel complesso roccioso, finirà per alimentare nel tempo analisi a non finire su quanto visionato. <br>Il 14 febbraio 1900, giorno di San Valentino, un gruppo di ragazze dell’aristocratico e vittoriano collegio Appleyard, a una cinquantina di chilometri da Melbourne in Australia, compiono una gita picnic ai piedi dell’immenso gruppo roccioso della Hanging Rock. Nel pomeriggio tre di esse, le più anziane tra le allieve, Miranda, Irma e Marion si allontanano verso il gruppo roccioso, seguite dalla più giovane Edith che però ritornerà indietro precipitosamente. Le tre ragazze sono scomparse senza lasciare traccia e si scopre che anche la professoressa di matematica, Greta McCraw, si è allontanata dall’area del picnic scomparendo nel nulla. A nulla valgono le lunghe ricerche; la giovane Edith è incapace di dare spiegazioni, poiché priva di memoria sull’accaduto……..
Proprio nella cultura aborigena sopra citata, appare inevitabile cercare e scavare la (non) soluzione dell’enigmatica ed inquietante scomparsa delle ragazze nel complesso roccioso. Quest’ultimo rappresenta al meglio simboli totemici e metafisici privi di spiegazione razionale, per i coloni inglesi ovviamente presenti nel film, raffigurati al meglio da minacciose rocce che appaiono a prima vista come custodi di un tempo primordiale e antico, custode di un’epoca lontana (accennata in maniera semplicistica e banale da una delle insegnanti lungo il tragitto per raggiungere Hanging Rock) impossibile da comprendere per le ragazze ma destinata ad ipnotizzarle senza possibilità di fuggire ad essa. La fotografia rarefatta, le musiche discordanti e mistiche del flauto pan, l’atmosfera perennemente presente mostrata con numerose sovrapposizioni di immagini fortemente suggestive, finiranno per intrecciare questo strano magnetismo primordiale con la naturale evoluzione sessuale e di ricerca delle ragazze, quasi a simboleggiare un legame indissolubile tra natura e desiderio di emancipazione sessuale inevitabile, proprio perché dettata ed imposta dalla natura stessa.
L’allusione al terrore perenne (presente nell’uomo a causa della paura dell’ignoto post morte) ed il rilascio catartico all’orrore inconsapevole, mai mostarto completamente nella pellicola, finiranno per trascinare lo spettatore in un micro mondo etereo e onirico che affonda le radici nel ‘tempo del sogno’, incute timore, angoscia e unisce paura dell’ignoto con il desiderio di conoscenza onnipresente nell’uomo sin dall’alba dei tempi della sua creazione. Un’opera unica che rimane ancora oggi, forse, il vertice assoluto del cinema australiano dell’epoca ma non solo. Decisamente oltre!
VALUTAZIONE 5/5

H.E.