PIECES OF A WOMAN (2021) di Kornél Mundruczó

Tratto da una recente opera teatrale (a sua volta ispirata a fatti realmente accaduti al regista), il nuovo film dell’ungherese Kornél Mundruczó (White God, Jupiter’s Moon, Tender Son: The Frankenstein Project), per l’occasione girato e ambientato negli USA, è un ‘disturbing drama’ decisamente peso, capace di scavare in un lutto familiare devastante come pochi altri film drammatici recenti sono riusciti a fare. Boston. Sean Carson e Martha Weiss sono una coppia felicemente sposata, con quest’ultima prossima a partorire la loro prima figlia. I due decidono di partorire in casa ma la loro ostetrica Barbara, impegnata in un altro parto, le manda la sua collega Eva, nonostante il contrariamento di Martha. Il parto, inizialmente nella norma, diventa tragedia pochi secondi la nascita della bambina, la quale, per cause tutte da chiarire, va in arresto cardiaco e muore. Seguiranno dei giorni terribili per Sean e Martha, soprattutto per quest’ultima, combattuta da un dolore emotivamente lacerante in conflitto con il desiderio di vendicarsi, come voluto dall’autoritaria madre, in un processo contro Eva, colpevole di essere stata negligente durante il parto …….. Kornél Mundruczó è sempre stato un regista ambizioso (con risultati non sempre eccelsi) e questa volta, forte di attori di fama internazionale, prova ad alzare l’asticella con un piano sequenza iniziale, che dura 23 minuti e anticipa il titolo del film, destinato a lasciare un segno indelebile sullo spettatore, considerata l’evoluzione tragica degli eventi con l’epilogo sopra descritto. Se questo sembra il cuore del film, con l’avanzare della storia finiremo per essere smentiti, in quanto i momenti drammatici più pesi e tosti arriveranno strada facendo, con la chiusura del cerchio di tanti elementi disseminati sapientemente lungo tutta la pellicola. Se spesso Kornél Mundruczó eccede nelle metafore per buona parte del film, non sbaglia nel caratterizzare le diverse anime presenti nel film, rese magnificamente da alcune prove attoriali di livello eccelso, con performance viscerali tra le migliori possibili in un dramma di questa entità. Vanessa Kirby, nei panni di Martha, è la donna sotto pressione, degli altri ma anche dei propri sentimenti e soprattutto della visione del mondo che la circonda dopo una tragedia del genere. Quando tutto sembrerà offuscato, alcune cose, come il rapporto con il marito ‘omuncolo’ e la madre autoritaria e decisionista, finiranno per diventare chiare, solo dopo un distruttivo viaggio interiore senza istruzioni di alcun tipo. Da applausi la prova di una veterana del cinema come Ellen Burstyn nei panni di Elizabeth, la madre di Martha, in grado di attirare simpatie nonostante uno dei ruoli più cinici e antipatici del cinema contemporaneo (l’aneddoto sulla sua di nascita in Europa è da pelle d’oca). In linea con il personaggio reale di Shia LaBeouf quello del marito di Martha, odiato dalla suocera e colpevole di scelte egoiste e viscide (sarebbe interessante sapere se anche il regista si è comportato così). Il finale, che avvolge il processo e che vede Martha assoluta protagonista, metterà a nudo un dolore familiare così improvviso e senza paracadute, con quei negativi che vedremo di sfuggita ma finiranno per essere il ricordo più scioccante, estremo ed allo stesso tempo più commovente di un film dall’impatto deciso e che mette sul piatto molteplici domande e demolisce le certezze sul concetto di famiglia, amore e rapporto di coppia. PIECES OF A WOMAN, pur non essendo un capolavoro e forse prevedibile in alcuni passaggi, è una pellicola drammatica a tinte forti in grado di approfondire quelle invisibili crepe nell’animo di una donna, come Martha, privata della gioia della nascita in maniera così crudele e costretta a lottare da sola contro tutto e tutti per un futuro segnato da un tragico passato indelebile. Gran film! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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