PIERCING (2019) di Nicolas Pesce

 

Se con il primo lungometraggio ‘THE EYES OF MY MOTHER’, un’opera in bianco e nero elegante quanto estrema, Nicolas Pesce aveva lasciato un segno indelebile nel panorama horror contemporaneo, la prova del 9 del secondo lavoro riempie il bicchiere a metà. Solo i gusti personali decideranno se risulterà alla fine mezzo pieno o mezzo vuoto.
Tratto da un racconto di Ryū Murakami (autore della sceneggiatura del capolavoro AUDITION del mitico Takashi Miike), PIERCING è uno strano amalgama di generi, citazioni e sequenze confuse, che strizzano l’occhio al cinema del passato, per quanto concerne l’estetica, riempiendolo però con una salsa piccante solo in superficie e senza sapore man mano che ci addentra su questo stravagante pentolone ricco di cromature e idee confuse.

Reed, un giovane uomo sposato e diventato padre da poco sta lavorando da tempo ad un piano strampalato quanto macabro. Intrappolare una prostituta in una stanza d’albergo e ucciderla, al fine di allontanare, forse, il perverso desiderio di uccidere suo figlio, ancora neonato ……
Sulle note dei Goblin argentiniani e le cromature neo-gialle alla Cattet & Forzani, la storia procede mescolando tematiche e sotto generi continuamente. Dalle perversioni di un (2 o più) serial killer (automutilazioni e desideri di assassini sfrenati) all’S&M, da trip lisergici a paesaggi urbani similari al Batman televisivo anni ’80, dallo splatter alla tortura più becera, Pesce finisce per non affondare mai il colpo, lasciandoci più volte con il cerino in mano in attesa di una sterzata decisa verso qualcosa di inatteso e sorprendente. E’ storia d’amore perversa? E’ una ricerca della verità sul passato oscuro di Reed? Difficile capire l’esatto indirizzo della pellicola, in quanto non appare mai, nemmeno nei frangenti più balordi e ironici, completamente grottesca, bizzarra o volutamente ‘non sense’. .
Indipendentemente dal finale, particolare e sospeso, sembra di aver visionato un enorme videoclip (il passato di Pesce) di 80 minuti esteticamente ammiccante (tecnicamente questo è un film impeccabile ed inattaccabile), destinato però a scivolare nel dimenticatoio dei film estremi ‘carini ma non eccelsi’ (una quantità, considerate le tantissime uscite dei nostri tempi, sempre più corposa e voluminosa).
Alla fine conviene tenerci stretto THE EYES OF MY MOTHER e ringraziare Pesce per averlo sfornato tre anni fa. Pur non bocciando il giovane regista americano per questo suo nuovo lavoro, nel quale dimostra un amore sfrenato per il nostro cinema estremo del passato e capacità tecniche di indubbio valore, rimandiamo il regista agli esami di riparazione, affidati al remake del celebre GRUDGE nipponico. VALUTAZIONE 7/10
H.E.