POLYTECHNIQUE (2009) di Denis Villeneuve



ATT.NE contiene SPOILER
“Dato che, scienza a parte, sono un retrogrado per natura, le femministe hanno sempre avuto un talento speciale nel farmi infuriare. Pretendono di mantenere i vantaggi che derivano dall’essere donne, mentre cercano di arraffare anche quelli degli uomini. Per esempio, è auto-evidente che se si eliminasse la distinzione maschile/femminile alle Olimpiadi, non ci sarebbero più donne, salvo che negli eventi decorativi. Perciò le femministe si guardano bene dal cercare di rimuovere quella barriera. Sono talmente opportuniste che non vogliono nemmeno trarre vantaggio dalla conoscenza accumulate dagli uomini attraverso i secoli. E cercano sempre di rappresentarli negativamente, ogni volta che ne hanno l’opportunità. Anche se i media mi attribuiranno la qualifica di ‘Folle Omicida’, io mi considero una persona razionale ed erudita, che solo la Morte ha costretto a intraprendere atti estremi.” … queste le agghiaccianti parole della lettera scritta da Marc Lépine il 6 dicembre 1989 poco prima di impugnare una carabina semiautomatica e compiere la più terrificante strage studentesca nel suolo canadese, quella avvenuta all’Ècole Polytechnique di Montréal, dove persero la vita 28 persone.<br>Basandosi sulle testimonianze dei sopravvissuti, il regista canadese Denis Villeneuve realizza, completamente in bianco e nero, un’opera disturbante, drammatica, inquietante e dolorosa, come pochissime altre pellicole, i momenti tragici di quella giornata senza luce e delle conseguenze di chi l’ha vissuta in prima persona. Il racconto di quel giorno nefasto avviene attraverso tre punti di vista differenti. Del killer, di una studentessa di ingegneria e di un suo compagno di corso.
Punto di forza, oltre alle forti interpretazioni dei tre protagonisti, è sicuramente il montaggio, capace di incastonare gli stessi tragici momenti attraverso le tre visioni differenti dei protagonisti, amplificando così l’ansia e la paura che finiranno per far parte di ogni singola sequenza presentata nel corso della strage.
La cronologia macabra degli eventi sarà seguita solo nella prima parte, destinando alla seconda, con cambi temporali improvvisi, il compito di destabilizzare ancora di più lo spettatore attraverso le sopra citate visioni diverse da parte dei tre personaggi principali (i quali avranno nel film nomi differenti dai protagonisti reali). Il cambio di passo della seconda parte trascinerà senza sosta lo spettatore in un pozzo nero avvilente e mortificante, dove il dramma personale post trauma dei sopravvissuti, finirà per scarnire e mordere le poche certezze loro rimaste nella vita, mostrando però due reazioni differenti alla strage testimoniata in prima persona.
Uno ‘school shooting drama’ differente da quelli americani come ELEPHANT e ZERO DAY (dove la strage sarà il culmine di un una serie di eventi a cascata) dove l’aspetto afferente ai rimorsi e ricordi, assente nei film di Gus Van Sant e Ben Coccio, finirà per diventare dominante sui tragici eventi di quel maledetto 6 dicembre del 1989. Se nelle scene iniziali, una copia del celebre GUERNICA di Picasso anticipa l’imminente strage, assurda e scatenata da malsane idee di Marc sul femminismo, la chiusura finale, con le bellissime commoventi parole di Valérie (la ragazza sopravvissuta) destinata alla madre di del killer, sarà il colpo di grazia di questo film estremamente drammatico e straziante: “Se ho un ragazzo, gli insegnerò come amare. Se ho una ragazza, le dirò che il mondo è suo.”! Pellicola assolutamente necessaria, ad opera di uno dei registi più importanti e significativi del cinema contemporaneo! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.