SEARCHING (2018) di Aneesh Chaganty

Screen movie hollywoodiano osannato in madrepatria e nei numerosi festival d’oltreoceano (Sundance su tutti), destinato al grande pubblico (quindi con i limiti estremi che ne comporta tale scelta), il quale, oltre ad avere le solite peculiarità della maggior parte di thriller drama a stelle e strisce, soffre proprio della paura di osare come i cineasti europei e dell’estremo oriente del panorama estremo (il finale, ahimè, lascerà parecchio amaro in bocca a chi ama i thrilleroni coreani e belga in particolare da ‘pugno sullo stomaco’).
Nonostante il difetto sopra citato questo crime drama, visionato sempre attraverso lo schermo di un portatile, pc, tablet o smartphone (tecnica sempre più diffusa nel cinema odierno e denominata ‘screencast’), risulta coinvolgente ed intrigante, con una trama efficace destinata a minare le certezze del padre protagonista minuto dopo minuto.
Margot Kim è un’adolescente scomparsa apparentemente senza motivo. A nulla sono valsi gli sforzi del padre, rimasto vedovo alcuni anni prima, di ritrovarla. L’unico strumento a disposizione è il laptop della ragazza che racchiude al suo interno i contatti delle amicizie su Facebook, le foto degli account Instagram e Twitter, insomma l’intera vita della ragazza attraverso i social media. Ad aiutarlo nell’impresa di ricerca un detective celebre nelle ricerche di persone scomparse, la tenace Rosemary Vick …..
A rendere affascinante ed inquietante buona parte della pellicola sono i legami e l’intreccio delle persone sempre più radicato e simbiotico con i social media, le email e le varie piattaforme online di qualsiasi natura, dagli acquisti online ai rapporti disumanizzati, virtuali e fittizi che si creano con estrema facilità online ma che difficilmente si riescono a chiudere definitivamente. Le quali causano una distorsione totale della realtà quasi da ‘Alice nel paese delle meraviglie’, dove la tana del bianconiglio può nascondere amarissime sorprese.
Interessante, anche se apparentemente banale, la visione di un genitore incapace di comunicare con la figlia, sofferente in questo caso come lui per la perdita della madre/moglie, finendo però per conoscerla veramente solo scavando a fondo nel mondo virtuale oscurato e misterioso nella normale quotidianità.
I colpi di scena sono più discreti, come le interpretazioni più serie di attori di solito avvezzi fino ad allora a commedie e serie tv leggere come John Cho (il padre) e la detective interpreta con efficacia da Debra Messing.
Se inizialmente il film, in massiccia modalità screencast, causerà qualche mal di testa, man mano che si avanza con la sua visione ci si addentra in maniera intrigante in questo mondo online ormai parte integrante della nostra vita, dove le sue fragilità pericolose sono mostrate in maniera inquietante e intrigante allo stesso tempo. Profili fake, password, leoni da tastiera, soldi online, bugie e false verità ci mostreranno quanto siamo coinvolti sempre più in questo mondo 3.0. Ed è proprio questa la parte più riuscita di questo thriller hi-tech. A deludere, almeno chi mastica film disturbanti ed inquietanti tutti i giorni, è la componente estrema, almeno quella del finale, in quanto appare troppo debole e poco in linea con quanto mostrato per quasi tutta la durata della pellicola. Lontano di parecchio, per quanto concerne l’estremo, dall’ormai rifermento del genere sopra citato ‘THE DEN’ di Zachary Donohue, SEARCHING appare come un buon compromesso tra cinema mainstream e crime movie moderno con trame e sottotrame inquietanti, risvolti sociali virtuali destinati a prendersi per mano la nostra vita e trascinarla in pozzi neri immaginari senza uscita. Un buon thriller dal finale non eccelso! VALUTAZIONE 7,5/10

 

H.E.