TANGERINES (2013) di Zaza Urushadze

“In casa mia nessuno uccide nessuno, se io non voglio. Ma …. se hai ancora questa intenzione, dovrai uccidere prima me”L’ultimo film del regista georgiano Zaza Urushadze, venuto a mancare nel 2019, è uno dei film drammatici più onesti, illuminanti e solidi sull’inutilità della guerra, grazie ad una simbologia sempre semplice (evidente già dal titolo) quanto efficace. Il regista. figlio di una zona geografica martoriata da conflitti politici e religiosi, sopiti durante la dittatura sovietica del dopoguerra ed esplosi una volta caduto il muro di Berlino, presenta una storia verosimile dove non sbaglia mai un colpo nel presentare i diversi protagonisti, personaggi marginali ed un’evoluzione naturale della storia che per lunghi tratti coccola lo spettatore, illudendolo che il conflitto sia sempre lontano, per poi colpirlo nel finale con violenza drammatica tesa a chiudere un cerchio malinconico su una profonda storia di guerra prima e di immensa umanità poi. Abcasia, primi anni novanta. Ivo, un Estone stabilitosi da anni in Georgia e ormai solo, lavora come falegname praticamente per un solo cliente. Il vicino di casa Margus, coltivatore di mandarini e prossimo alla raccolta. Sullo sfondo il conflitto tra georgiani e indipendentisti imperversa, mettendo a rischio tutto, raccolto compreso per assenza di manovalanza. Un giorno Ivo ospita per un approvvigionamento forzato due mercenari ceceni. Questi, poche ore dopo saranno protagonisti di un conflitto armato con un gruppo di soldati georgiani nei pressi delle abitazioni di Ivo e Margus. Nel conflitto gli unici vivi, anche se feriti, sono un mercenario ceceno, Ahmed, e un georgiano, Nika. Ivo, un uomo saggio che ha visto di tutto nella vita, decide di portare nella sua casa i due soldati feriti e curarli. I due soldati, costretti per necessità a convivere sotto lo stesso tetto, promettono a Ivo di non uccidersi fino a quando resteranno nella sua casa. La pace però, come insegna la storia, grande o piccola che sia, non è destinata a durare per sempre ……..Punto fermo della storia sono i mandarini perennemente citati e presenti in tantissime sequenze e dialoghi. Ognuno composto da spicchi diversi ma figli della stessa madre natura e costretti a convivere per buona parte della loro esistenza. Le certezze nella vita, purtroppo lo sappiamo tutti, possono evaporare all’improvviso, figuriamoci quando un conflitto si prefigura minaccioso all’orizzonte come accaduto a Ivo e Margus, persone pacifiche ed estranee a tutto ciò, le quali sono costrette loro malgrado a fare i conti. Se tutto sembra non avere regole, per i soldati protagonisti di questa vicenda, Ahmed e NIka (profondamente diversi tra loro sotto tutti i punti di vista), sarà proprio il moderatore e pacificatore Ivo a fare la differenza, forte del debito che entrambi hanno con lui per avergli salvato la vita. Persone come lui, per citare Ahmed, sono purtroppo in via di estinzione, in quanto la sua vita quotidiana si fonda su regole che esulano dalla religione o credo politico, fondato perlopiù su sofferenze che la vita passata gli ha lasciato (le scopriremo però solo nel finale). Come anticipato sopra, mentre per buona parte il film mostra due cani che abbaiano continuamente (i due soldati, in quanto moribondi e per la parola data a Ivo di non uccidersi nella sua casa) ma non mordono mai, il finale riesce a fare centro, arrivando forte e inatteso dopo aver cullato spettatore e ospiti di Ivo, colpendo forte come il calcio di un mulo. Dopo aver messo sul piatto analisi limpide, mai banali e ricche di verità incontestabile sulla guerra e sui conflitti inutili tra popoli diversi, finiamo per toccare con mano quanto le tantissime parole di Ivo, sempre supportate da una colonna sonora elegante e toccante, siano state tristemente profetiche sull’eguaglianza incontestabile tra le persone ….. dopo la loro morte! Un film drammatico potentissimo, intenso e forte di scomode verità! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.

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