THE BAY (2012) di Barry Levinson

‘Ultimamente girano parecchie voci …. e le voci portano solo guai, come ben sappiamo’!
La parentesi di Barry Levinson (RAIN MAN, GOOD MORNING VIETNAM) nel genere horror è un film (in modalità found footage) che cavalca il successo nel pubblico più giovane degli innumerevoli mockumentary dell’epoca (i produttori di questo sono gli stessi della saga PARANORMAL ACTIVITY).
THE BAY, ampiamente sottovalutato dalla critica (più o meno affermata), è un’opera cruda ed estrema che racchiude in un unico contenitore numerose tematiche ambientaliste esplose nel decennio scorso (allevamenti intensivi per esempio ma non solo), le quali spesso fanno a pugni con la necessità sfrenata del consumismo felice americano a tutti i costi.
Luogo (Claridge, una piccola cittadina nella baia nel Maryland) e giorno (il 4 luglio) appaiono quanto mai ideali come sfondo per creare le condizioni di una pandemia causata da un’infezione inarrestabile. Per raccontare le tragiche vicende avvenute il 4 luglio 2009, dopo un intro apocalittico, seguiamo tre anni più tardi il resoconto di una giovane giornalista, Donna Thompson, che seguì sul campo, utilizzando un collage di filmati in presa diretta e catturati dalla video camere dei suoi concittadini, quel giorno fatale per al sua piccola città sulla baia. Visioni sconnesse, mal riprese e scollegate tra loro, che pian piano finiranno per far parte alla lunga distanza di un unico disegno fatto di inquinamento devastante e disinformazione governativa. Protagonista inizialmente inatteso della storia troviamo il ‘Cymothoa Exigua’, un ‘simpatico’ crostaceo ectoparassita che finirà per trovare nella baia il mix perfetto di inquinamento per mutarsi, ingigantendosi, scegliendo l’uomo al posto dei pesci per cibarsi e, ancora peggio, divorarli dall’interno. Da paese in festa a paese nel terrore il passo è brevissimo, anzi accelerato per quanto concerne le aberrazioni scioccanti che Levinson mostra sapientemente una goccia (d’acqua infetta) alla volta. Da piccole escoriazioni cutanee prima a devastazioni corporee stile ‘LA COSA’ di Carpenter, dove gore (braccia e gambe amputate in quantità industriale) e splatter (naturale ed innaturale) abbonderanno nella seconda parte (memorabile e apocalittica la scena catastrofica delle decine di pazienti ‘infetti’ al pronto soccorso), fino a giungere ad un finale poco consolatorio, capace di portare a riflessioni amare su quanto l’informazione ai giorni nostri risulti libera in maniera ipocrita. Con diversi riferimenti al virus dell’Ebola (devastazioni corporee) e Chernobyl (inquinamento nucleare sull’ambiente e non solo sull’uomo), Levison finisce per mettere forse troppa carne sul fuoco, variando troppo su molteplici e disparati protagonisti (la giovane giornalista succitata a volte scompare dalla scena per diversi minuti). Nonostante questo eccesso di contenuti proposti, l’effetto shock è garantito (gli isopodi mostrati mettono i brividi), la pellicola intrattiene a dovere scorrendo veloce e con il ritmo giusto, grazie alla frenesia incessante e senza sosta mostrata fino alla fine. Il panico si nutre di paura e … non solo!! VALUTAZIONE 3,5/5

H.E.

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