THE CITY OF LOST CHILDREN (La cité des enfants perdus) del 1995 di Jean-Pierre Jeunet & Marc Caro

 

Favola nera ‘steampunk’, ad opera dei registi di DELICATESSEN, ambientata in un universo parallelo distopico, visionario, fantasy e terrificante allo stesso tempo.
In un mondo surreale ed anacronistico, il terribile e mostruoso Krank, che vive in una piattaforma marina, non può sognare. Decide allora di rapire i bambini della cittadina vicina per rubare loro i sogni. Un giorno sequestra, tra gli altri, il piccolo Denree, fratello adottivo di One, un uomo forzuto, buono ma poco arguto.
One, assieme ad una piccola amica orfana conosciuta nella terraferma, si mette sulle traccie del fratellino adottivo, seguendo i misteriosi rapitori, gli inquietanti ‘ciclopi’ …..
Solo con la scena d’apertura, un’allucinate squadra minacciosa di babbi natali viscidi, vengono subito messe in chiaro le carte in tavola. Questa favola non è destinata ai bambini, i quali però rappresentano il cuore della storia. Se le immagini sospese nel tempo, i colori da videogames d’annata (non a caso, questo film è divenuto un videogioco di discreto successo da lì a poco), la miscela ‘steampunk’ tra tecnologia estrema fusa ad innovazioni dell’età del vapore, i personaggi degni dei racconti di Jules Verne e le situazioni grottesche non finiranno mai di stupire, la parabola destinata all’immortalità, del vecchio incapace di accettare il passare del tempo, volenteroso di rubare la giovinezza altrui (in questo caso la metafora sono i sogni) e le speranze delle nuove leve, finirà per diventare l’anima educativa e severa della pellicola.
Spietate gemelle siamesi, cloni asettici, nane dispotiche, cyborg vittoriani, cervelli parlanti e doppiogiochisti e soprattutto Krank, una figura esteticamente viscida e priva di morale, rappresentante perfetto dei peggiori sentimenti e vizi capitali presenti nell’uomo (dove l’invidia primeggia su tutti gli altri), sono quanto di peggio possa sognare un bambino, il quale però, nonostante le ingenuità, finirà per rappresentare un punto i arrivo e non di partenza.
I due registi francesi in questa opera si superano, regalando una quantità di perle assolute (la ‘pulce’ forse è il top assoluto), degne dei migliori lavori visionari e deliranti di Terry Gilliam e Jan Švankmajer.
Esistono film senza tempo, in quanto capaci di modificare il tempo a proprio piacimento. LA CITTA’ PERDUTA, titolo italiano, è uno di questi. Un film che naviga tra sogno e realtà, follia e disperazione, speranza e rassegnazione, capace di far riflettere, con ironia grottesca, sull’amaro ed inesorabile tempo perduto. VALUTAZIONE 9/10

 

H.E.