THE ELEPHANT MAN (1980) di David Lynch

“I am not an animal! .. I am a human being! … i … am … a man!”THE ELEPHANT MAN, giunto oramai al suo quarantesimo compleanno, è uno dei film più commoventi, strazianti, umani ed allo stesso tempo disumani della storia del cinema. Pellicola prodotta da Mel Brooks (che non volle apparire tra i crediti per evitare l’associazione del film da parte del pubblico a una delle sue commedie) e opera seconda di David Lynch, dopo il sorprendente esordio ‘Eraserhead’ del 1977, questa è senza dubbio uno dei massimi vertici del cinema del secolo scorso. Un dramma disturbante ed estremamente coinvolgente che pone al centro della storia l’umanità ed il desiderio di affetto, conoscenza e la naturale ricerca di confronto presente in ogni essere umano, anche in chi è visto dalla società che lo circonda (incapace di andare oltre le apparenze) come un mostro, un diverso e un fenomeno da baraccone. Basato su ‘The Elephant Man and Other Reminiscences di sir Frederick Treves’ e ‘The Elephant Man: A Study in Human Dignity di Ashley Montagu’, questo film è un poderoso viaggio biografico sulla figura di Joseph Merrick (nel film sarà chiamato John), un uomo vissuto nella seconda metà del XIX secolo in Inghilterra e affetto da gravi malformazioni fisiche (riconosciuta nel tempo come Sindrome di Proteo), che lo portarono al poco edificante nomignolo di ‘Uomo Elefante’. Un chirurgo vittoriano, Frederick Treves, salva un uomo gravemente sfigurato mentre viene maltrattato dal suo “padrone” come un maniaco di uno freak show. L’uomo, noto come l’Uomo Elefante’, ben presto rivela una grande sensibilità e un’umanità, oltre ad un desiderio di conoscenza e bisogno di affetto perennemente affossato dal suo aguzzino ma che rimane vivo in lui quando ricorda la madre scomparsa. il Dr. Frederick proverà a trattare nel migliore dei modi il suo paziente, entrato anche nelle grazie di una nota attrice di teatro e addirittura della regina Vittoria. Le avversità e malvagità che da sempre hanno accompagnato John sin dall’infanzia, finiranno per tornare prepotenti ed in maniera brutale, in quanto il guardiano dell’ospedale, dove John risiede e dove Frederick opera, frutterà l’aberrante aspetto fisico di John per fare quattro soldi sporchi, mostrando a ubriaconi e prostitute il fenomeno da baraccone tanto osannato e celebrato nei giornali ……Girato in un bianco e nero incantevole quanto inquietante che ci riporta indietro nel tempo dal punto di vista cinematografico (al FREAKS di Browning ma anche al grande cinema del nostro Federico Fellini) oltre a quello nella quale è ambientato, l’epoca vittoriana del 19° secolo, questo film di Lynch ci cattura sin da subito alimentando la nostra morbosità e curiosità nei confronti del freak di turno, proprio come il popolo ignorante dell’epoca, assetato di mostruosità ma anche di timore del diverso.Passerà infatti più di mezz’ora prima di riuscire a vedere completamente John, e ancora di più per riuscire a ‘vedere’ la sua grande umanità sepolta da un aspetto fisico che lo ha destinato ai freak show (aboliti in Inghilterra nel 1886) per lungo tempo. Una favola nera quanto mai emozionante e commovente, resa magnificamente dalla prova attoriale impressionante di John Hurt nei panni di john Merrick, abile di mostrare attraverso una voce sommessa ed uno sguardo forte come un perenne grido di aiuto, tutta la sofferenza ma anche la forza interiore dell’uomo elefante. Se la storia è di per sé fenomenale e la presenza di diverse figure presenta al meglio le mille sfaccettature, spesso negative, dell’essere umano, a rendere unica questa pellicola è sicuramente l’impronta unica del regista David Lynch. A posteriori, dopo aver goduto delle sue immense opere successive, vedremo anticipati aspetti estetici e visionari che finiranno per diventare suoi marchi di fabbrica, destinati a lasciare un segno indelebile nel cinema e finendo per influenzare tutto il cinema degli ultimi 40 anni. Se la storia, vera o presunta, dell’infanzia dell’uomo elefante sarà mostrata attraverso un viaggio temporale più vicino all’incubo che ad un sogno di infanzia (la scena iniziale narrata dal padrone di John non lascia dubbi sulla forza narrativa di Lynch), questa tornerà prepotente nel primo grande frangente emotivo del film, quando John racconta alla moglie di Frederick (non poteva che essere una donna dotata di una sensibilità fuori del comune per divenire la compagna del dottore) della sua mamma mostrandole quella piccola foto colma di speranza di un ricordo positivo del passato, sepolto ma mai dimenticato. Uno snodo unico e fondamentale sul quale Lynch finirà per basare buona parte della pellicola e per liberare anche tutta l’umanità presente nel dottore, interpretato da un ottimo Anthony Hopkins, fino ad allora non completamente consapevole dell’uomo presente nell’uomo elefante. Come scritto in precedenza THE ELEPHANT MAN è una favola nera, destinata però ad educare meglio di qualsiasi testo scolastico sulla necessità di andare oltre le apparenze estetiche (tra le altre basti pensare alla capo infermiera, forse la prima a trattare John come una persona vera), atte a demonizzare il diverso e mostro di turno (ieri come oggi, ahimè). Finale amarissimo e triste che sigilla alla grande un’opera meravigliosa e tra le più memorabili di un regista destinato, come i suoi film, all’immortalità assoluta. Capolavoro totale! VALUTAZIONE 10 e lode!

H.E.