THE MAN IN WHITE (Yurusarezaru Mono) del 2003 di Takashi Miike

Vedere tutti i film di Miike è impossibile (o quasi), vederne il più possibile è un obbligo e sicuramente un dovere per il popolo estremo innamorato del suo cinema. Nel periodo forse d’oro di Miike, a cavallo dei due secoli, ecco spuntare THE MAN IN WHITE, primo di due capitoli dedicati alla figura di Azusa Moribe, un soldato della yakuza, la famigerata mafia giapponese, più volte mostrata da Miike con contrapposizioni forti tra nuove e vecchie generazioni, e spesso contaminata da elementi extra come weird (GOZU) o sci fi (FULL METAL YAKUZA).
Azusa Moribe, un soldato yakuza sempre vestito di bianco, ha vissuto un’infanzia tormentata: da piccolo ha assistito all’omicidio del padre da parte di suo fratello maggiore Gunji. Quando molti anni più tardi Gunji, divenuto un killer di professione, uccide il boss di Azusa (il quale lo aveva adottato quando era adolescente), questi, tormentato dal senso di colpa, decide di regolare i conti con il fratello maggiore una volta per tutte……
Girato in stile documentaristico alla VISITOR Q, questo yakuza movie cresce minuto dopo minuto, incrociando continuamente passato e presente, attraverso continui flashback, fondamentali per conoscere personalità e tormenti dell’uomo in bianco Azusa, sparatorie sanguinarie e scazzottate violente, le quali finiranno per diventare la spina dorsale di una storia che mette al centro un rapporto di odio e rispetto da tra ‘fratelli’ stranamente uniti in un processo di pulizia di vecchi yakuza viscidi e tutt’altro che fedeli al codice d’onore che li ha sempre contraddistinti.
Come per le pellicole più celebri di Miike, sono i dialoghi ed i frangenti di contorno a rendere grande la storia e la pellicola. Inquadrature morbose e nervose, atte ad evidenziare il controverso mondo di Azusa, un uomo morso da un conflitto interiore di vendetta e desiderio di liberazione di un peso e da un passato tragico macchiato di sangue.
Il finale, destinato ad evolversi nel secondo capitolo, è marchiato a fuoco da una furiosa battaglia regolatrice similare a quella presente in SCARFACE, con esito però differente.
La forza del film risiede, oltre agli elementi sopra citati, a quelli legati ai rapporti d’onore non scritti ma presenti in ogni yakuza (e samurai) movie di valore, dove i ricordi d’infanzia, destinati a ritornare prepotentemente nel presente, i legami indissolubili con la famiglia yakuza, cementificati da tatuaggi indelebili, finiranno per intrecciarsi in una storia potente, distruttiva e travolgente. Imperdibile! VALUTAZIONE 9/10

 

H.E.