THE MAN WHO LAUGHS (L’uomo che ride) del 1928 di Paul Leni

THE MAN WHO LAUGHS del 1928, pellicola chiave per buona parte del cinema drammatico tendente all’orrore che dai decenni successivi avrebbe sempre più preso piede, è tornata ‘di moda’ in epoca recente grazie al JOKER di Todd Phillips, in quanto il celebre personaggio della DC Comics fu creato all’epoca (1940) e nemesi di Batman fu ispirato esteticamente dalla figura del protagonista di questa tragica storia. Basato sul celebre romanzo omonimo di Victor Hugo, rispetto presenta alcune sostanziali differenze (soprattutto nel finale), L’UOMO CHE RIDE ha tutte le carte in regole per sintetizzare elementi divenuti chiave per tutto quel filone estremo che dagli anni ’60 in poi crescerà in maniera esponenziale e spopolerà pesantemente grazie a registi come David Cronenberg, Takashi Miike e David Lynch, solo per citarne tre. Proprio Lynch prenderà ispirazione da questo film per il suo capolavoro drammatico THE ELEPHANT MAN, in quanto ad occhio attento non potranno sfuggire scene spesso similari e avvolte nelle malinconia tra questo film del 1928 e quello del 1980 con protagonista l’uomo elefante. Per quanto concerne la trama inizialmente segue fedelmente il sopra citato romanzo di Victor Ugo. Siamo nel 1690 in Inghilterra. Lord Clancharlie ritorna in Inghilterra dall’esilio, ma viene catturato da re Giacomo II d’Inghilterra, grazie all’iuto del viscido giullare di corte Barkilphedro, e accusato di tradimento. Prima di morire, viene a sapere che suo figlio Gwynplaine è stato venduto ai comprachicos, una banda di spietati zingari criminali che ha come usanza sfigurare i bambini rapiti per usarli come mendicanti e nei spettacoli circensi. Gwynplaine, sfigurato aprendogli le labbra in modo tale che sembrino contratte in un sorriso eterno, viene abbandonato a sua volta dagli zingari. Quest’ultimo dopo aver salvato una bambina cieca la cui madre è appena morta di freddo, viene adottato da Ursus, un artista ambulante, il quale finirà nel tempo per sfruttare la disabilità facciale di Gwynplaine nel suo spettacolo itinerante “L’uomo che ride”. Quando i due arrivano con lo spettacolo a Londra, il giullare del re oramai deceduto scopre che Gwynplaine è ancora vivo e cerca di sfruttare questo a suo vantaggio nei confronti della regina, scombussolando una serie di imminenti nobiltà acquisite dal futuro marito della sorella della regina, la provocante e libertina Josiane, la quale finirà per invaghirsi di Gwynplaine, il quale è da sempre innamorato e fedele a Dea, l’unica che non ride del suo aspetto e lo giudica solo per la sua bontà d’animo ……Siamo in pieno periodo di cinema espressionista (il regista è tedesco) e ovviamente muto. Questo ha permesso all’attore che interpreta l’uomo che ride, Conrad Veidt, di caratterizzare in maniera esemplare e viscerale la figura di un uomo costretto a sorridere sempre e comunque (nonostante le avversità della vita e le sofferenze nel cuore), mettendo così in luce un’abilità unica nel trasmettere le dolorose emozioni del protagonista solo grazie all’uso degli occhi e dell’espressione del volto della parte superiore, fronte compresa. Un melodramma romantico ma con sfumature e virate decise verso il dramma disturbante, il weird e soprattutto l’horror gotico. Una fusione perfetta di generi in continua evoluzione per l’epoca, forse in parte ‘rovinata’ (agli occhi estremi contemporanei) da un finale troppo buonista, in quanto destinato ad un pubblico di fine anni ’20 troppo voglioso di storie a lieto fine. Un film ‘estremo’, ultra novantenne, seminale e da visione obbligatoria! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.

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