THE RUSSIAN BRIDE (2019) di Michael S. Ojeda

Il ritorno alla regia di Michael S. Ojeda, dopo ben sei anni dal revenge SAVAGED è nuovamente una storia di sangue e dolore estremo. Niente deserti polverosi come nel precedente film citato ma ambientazioni innevate e gelate in un castello moderno del Michigan, nel quale gotico e horror estremo troveranno la cornice ideale dove sfogare la rabbia di una ‘neo sposa’ infelice e soprattutto incazzata.
Livny, Russia. Per sfuggire alla miseria e alla violenza di un marito alcolizzato, l’ancora piacente Nina si offre online in un sito di incontri. Karl Frederick, un sessantenne americano, la vuole in sposa a “scatola chiusa”. Nina accetta e vola, assieme alla piccola figlia Dasha dall’uomo conosciuto fino ad allora solo online, per essere accolta in un lussuoso castello isolato del Michigan. Nina e Karl non perdono tempo e convolano subito a nozze. Il paradiso americano però diventerà sempre più un miraggio lontano, quando Nina inizierà a conoscere vizi, segreti e la personalità distorta di Karl, un ex chirurgo plastico che nasconde un segreto oscuro nel suo passato e destinato a coinvolgere Nina e Dasha in maniera tutt’altro che piacevole ……

Nonostante i soliti stereotipi e luoghi comuni dei russi degli ultimi trent’anni come la vodka nelle vene, la balalaika kalinka, post comunismo selvaggio, rubinetti gelati e tute dell’adidas per ogni uomo russo alcolizzato (immancabile anche qua), THE RUSSIAN BRIDE coglie nel segno quando mette in evidenza il desiderio di molte donne e ragazze dell’est di trovare a tutti i costi il principe azzurro. Poco importa se questo è datato e se ha scheletri (nel vero senso della parola) nell’armadio, in quanto il sogno si spera sempre superi l’incubo che si prospetta all’orizzonte. Partendo da quest’idea comune ma reale, la pellicola della sposa russa fatica a carburare, o meglio, per sessanta minuti si presenta come un thriller tradizionale e poco estremo (visivamente), nonostante le ‘sparate’ del bipolare Frank siano brillanti e scioccanti allo stesso tempo. Tra blowjob imposti subito a Nina e aneddoti cannibali afferenti la spedizione Donner del 1846 (dove alcuni emigranti ricorsero al cannibalismo per sopravvivere, nutrendosi dei morti per fame) il film pur non decollando come ci si aspetta sin dai primi minuti, si mantiene abbastanza solido grazie all’ottima interpretazione della sposa (la bellissima Oksana Orlan), del ‘veterano’ Corbin Bernsen nei panni di Frank e dei personaggi pittoreschi di contorno, come l’acida domestica ispanica, il tuttofare muto ungherese ed i bizzarri parenti e amici di Frank presentati nel matrimonio lampo. Tutti però saranno destinati a partecipare attivamente nell’ultima mezz’ora, dove la trama, fino ad allora abbastanza insipida, troverà finalmente la luce e permetterà di sfociare nel tanto amato splatter estremo, con amputazioni selvagge ed usi fantasiosi quanto letali di lampadari, cacciaviti, martelli ed altri oggetti appuntiti. Non poteva mancare, proprio per calcare la forte impronta gotica presente nella pellicola ed i numerosi classici film horror citati, una spruzzata di sovrannaturale, utile per aiutare sposa e figlia per uscire da alcuni situazioni sgradevoli nel corso del loro soggiorno americano. Per non farsi mancare nulla, Michael S. Ojeda punta forte nel finale sulla parte revenge, arricchendola con del sano trash (la mega ‘pippata’ di cocaina sembra presa da un b-movie degli anni ’90), utile per mantenere la pellicola su un terreno horror non troppo impegnativo e così destinato al puro intrattenimento.
THE RUSSIAN BRIDE è un horror estremo senza fronzoli o ricerche particolarmente innovative, destinato per fortuna ad intrattenere quanto basta anche i palati estremi più esigenti. Forse manca la sterzata shock o l’idea folle e brillante come avvenuto in SAVAGED per elevarlo a filmone destinato a lasciare il segno. Di sicuro conferma ancora una volta che il matrimonio si divide sempre tra gioie e dolori …. estremi! VALUTAZIONE 8/10
H.E.