THE TAKING OF DEBORAH LOGAN (2014) di Adam Robitel

Negli ultimi vent’anni mockumentary, found footage o similari hanno letteralmente spopolato nel mondo dell’horror, con esiti non sempre positivi. Se NOROI e LAKE MUNGO rappresentano l’apice qualitativo ed estremo, per quanto concerne la fusione tra falso documentario e horror sovrannaturale, un film divenuto perlopiù celebre per un frame shock nel finale (una donna che divora una bambina grazie ad una ‘mascella potenziata), THE TAKING OF DEBORAH LOGAN, risulta essere un’opera horror niente male, parzialmente riuscita e sicuramente meritevole della visione.
Un film prigioniero, in parte, del seguire a tutti i costi la scia di film horror in voga nel grande pubblico nei primi anni ’10 (INSIDIOUS e SINISTER per citarne un paio), costellato quindi di innumerevoli jumpscare ma che prova a legare in maniera originale il morbo di Alzheimer con elementi horror, che spaziano dai riti sacrificali fino alla possessione più ‘pura’.
Una squadra di giovani documentaristi è intenzionato a seguire da vicino la quotidianità dei malati di Alzheimer. Il loro soggetto, su indicazione della figlia della stessa motivata perlopiù da motivi economici, sarà Deborah, una donna anziana costretta a convivere con questa patologia, che la condiziona continuamente nella vita di tutti i giorni. Se inizialmente i giovani documentaristi seguono le difficoltà della vita confusa di Deborah, ben presto, grazie alle tante videocamere disseminate nella casa, si troveranno di fronte a visioni e momenti inspiegabili. che ben poco hanno a che fare con l’Alzheimer. Quando Deborah, in preda a scatti d’ira, farfuglierà qualcosa in francese, il passato della stessa, di quando lavorava come centralinista, porterà a galla una serie di eventi tragici che segnarono la Virginia negli anni ’70. All’epoca un professore di nome Desjardins, citato ora da Deborah, torturò, cannibalizzò e uccise quattro ragazze della zona, con lo scopo di evocare uno spirito indiano. All’epoca Desjardins non fu mai trovato per la cattura, lasciando dietro di lui un mistero mai risolto. Man mano che le manifestazioni di violenza e forza di Deborah aumentano, il legame tra lei e Desjardins sembra essere sempre più forte, sottolineato anche dai dipinti che la stessa realizzava nei momenti di ‘lucidità’ …..
Decisamente brillante la primissima parte, con una Jill Larson veramente ottima nei panni di Deborah, la quale mette i evidenza tutte le difficoltà, paure e insicurezze delle persona malate di Alzheimer. Poi subentra di prepotenza quella parte dedicata alla possessione (tra riprese in presa diretta, scene inspiegabili riprese dalle videocamere installate nella casa e vari jumpscare) in linea con gli stilemi ormai classici (ma ahimè ripetitivi) di questo sotto genere horror. A risollevare il tutto, mantenendo viva l’attenzione anche di chi non ama particolarmente le storie sovrannaturali, ecco una ‘storia nella storia’ macabra e di forte impatto, con immagini e frame vintage che stimolano non poco la componente più estrema della pellicola. Tra serpenti indiavolati e ragazze squartate si vira decisi su tematiche più consone all’horror estremo, le quali però lasciano nuovamente spazio ad esorcismi e rituali sacrificali poco originali nell’ultima parte. Degan di nota senza dubbio la sequenza citata in precedenza che ha segnato la fortuna di questo film, ovvero quella mascella divoratrice che riporta felicemente alla memoria il più celebre e macabro dipinto di Francisco Goya: ‘Saturno che divora uno dei suoi figli.
In conclusione THE TAKING OF DEBORAH LOGAN è un horror sovrannaturale più che discreto e che strizza l’occhio anche all’estremo. Rimane però troppo legato a quel genere di cinema che vuole ‘far paura a tutti i costi’ e ad ogni scena, rinunciando così a creare le giuste pause e analisi necessarie per assimilare al meglio la storia dei suoi protagonisti. VALUTAZIONE 3/5

H.E.

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