U: JULY 22 (Utøya 22. juli) del 2018 di Erik Poppe

Oslo e Utøya (Norvegia) 22 luglio 2011, un giorno (purtroppo) entrato nella storia, quella più nera e tragica del nuovo millennio.
Un attentato dinamitardo prima, nella città di Oslo nei pressi dei palazzi governativi, ed una strage poi, nell’isola di Utøya durante un campus dei giovani laburisti, hanno causato 77 vittime e 319 feriti (69 i morti nell’isola). Una strage assurda e scioccante, ad opera di una singola persona, Anders Breivik, un folle estremista di destra catturato a fine atto terroristico e condannato a soli 21 anni di carcere (il massimo della pena applicabile nello stato norvegese). Una condanna che grida vendetta e stupisce tutto il mondo intero, un’assurdità inconcepibile, impossibile da capire e comprendere ancora oggi.
Il regista norvegese ritorna, con un film anomalo e originale, su quella giornata terribile e tragica, mantenendosi fedele al minutaggio reale del massacro avvenuto nell’isola di Utøya (dal primo sparo alla cattura di Breivik sono passati esattamente 72 minuti, proprio come avviene nella pellicola).
La storia segue, attraverso un unico, nervoso e angosciante ‘long take’, le vicissitudini nell’isola di Kaja, la quale è alla disperata ricerca, durante la strage, della sorella minore.
Un film decisamente controverso e ansiogeno a livelli estremi, che si discosta molto dai film più celebri con al centro stragi (perlopiù scolastiche), come ELEPHANT, ZERO DAY e POLYTECHNIQUE. La differenza è la ricerca estrema nel mostrare e raffigurare la paura della morte, attraverso primi piani e situazioni di angoscia da guerriglia e di incertezza degli eventi che travolgono i giovani dell’isola. A convincere a piene mani, abbiamo non solo una regia fenomenale e convincente, ma a sorprendere in maniera crescente, e di pari passo con l’angoscia vissuta da parte sua, la priva della protagonista Kaja, interpretata da una sconosciuta quanto eccezionale Andrea Berntzen. Finiremo, oltre a rimanere incollati allo schermo, per dimenticarci molto presto di visionare un film fittizio, vivendo quasi in simbiosi con Kaja quei minuti interminabili e senza fine che la porteranno a toccare con mano la paura primordiale della morte che alberga in ognuno di noi, con annesso istinto di sopravvivenza, accentuata ancora di più quando si finisce per divenire prede senza senso di un folle armato fino ai denti. Se la prima parte ci catapulta in maniera claustrofobica in un’apnea indescrivibile, il finale finirà per colpirci l’anima definitivamente, una mazzata vera e propria. Un’opera nuova e diversa da quanto visionato fino ad ora, destinata ad essere apprezzata non nell’immediato ma in un prossimo futuro, proprio per la sua capacità semplice di infondere tensione estrema secondo dopo secondo e senza un attimo di tregua, doverosa per mostrare, da parte di un regista norvegese, la follia di quel funesto 22 luglio 2011. Pellicola scioccante, dell’orrore reale e disturbante quanto (se non di più) di un documentario estremo! VALUTAZIONE 9/10

 

H.E.