UPSTREAM COLOR (2013) di Shane Carruth

“La mia testa è fatta dello stesso materiale del sole”. Il tutto fare Shane Carruth, attende quasi dieci anni prima di sfornare un nuovo lungometraggio dopo il cervellotico e indipendentissimo PRIMER, finendo per superarlo e ampliare orizzonti narrativi significativi che spaziano dal romanticismo alle cospirazioni, dal sci fi fino al disturbing drama più puro. In un club Kris, una donna che commercia opere d’arte, diventa l’ennesima preda de ‘Il Ladro’, un uomo misterioso che inserisce delle larve organiche nelle persone costringendole poi a eseguire ogni suo ordine. Senza possibilità di ribellarsi al volere del suo rapitore, Kris vedrà prima svuotarsi il conto in banca e poi lottare con i suoi ricordi e la sua identità, entrambi manomessi a causa della larva dentro il suo corpo. A ‘salvarla’ ci pensa il ‘campionatore’, una allevatore di suini, che estrae la sua larva per inserirla a sua volta nel corpo di un maiale femmina. Nonostante questo, il ritorno alla sua vita precedente per Kris appare come una montagna impossibile da scalare. Nelle difficoltà quotidiane che la assillano, uno spiraglio di luce è rappresentato dalla conoscenza casuale avvenuta con Jeff, un uomo che sembra essere legato a lei da un filo invisibile. Tra scontri, passioni e difficoltà, il loro rapporto alterna momenti felici ad altri distruttivi. Tutto questo avviene mentre due maiali dell’allevamento del ‘campionatore’ sembrano legati simbioticamente e misteriosamente a loro …… Forte di un’atmosfera avvolgente e sinistra, di una musica carica di sofferenza e di un’evoluzione magistrale dei personaggi primari e secondari di questa storia, UPSTREMA COLOR mostra una superfice pericolosa e insidiosa di un mondo, quello attuale, pericolosamente vincolato agli altri, dove la libertà individuale rischia di diventare sempre più un’illusione costruita solo da vaghi ricordi e influenze esterne impossibili da decifrare. Una pellicola che, nonostante appaia chiaramente influenzata da riflessioni filosofiche degne del miglior Charlie Kaufman (le paure figlie di ricordi svaniti primeggiano anche qui) e delle paure primordiali dell’essere umano che virano sul body horror del mitico David Cronenberg, riesce a mantenere una propria spina dorsale estetica e di contenuti, questi si originali ed estremamente accattivanti. Se Shane Carruth riesce a convincere anche nei panni di attore, Jeff, la protagonista Amy Seimetz si supera, in quella che appare probabilmente la sua migliore interpretazione di sempre. UPSTREAM COLOR è un film piacevolmente ‘spacca cervello’, il quale però chiude il cerchio in maniera egregia e per nulla priva di spiegazioni su quanto accaduto a Kris e Jeff. L’autore però lascia, intelligentemente, allo spettatore la chiave interpretativa su quanto visionato esclusivamente allo spettatore, più o meno consapevole di quanto fragile sia il terreno sul quale poggiano le sue certezze, esistenziali, storiche e umane, destinate a cambiare improvvisamente e scollegare la propria concezione di realtà e fiducia verso il prossimo. Una perla ‘romantica’ dei nostri tempi! VALUTAZIONE 4/5

H.E.

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