BRING ME THE HEAD OF ALFREDO GARCIA (Voglio la testa di Garcia) del 1974 di Sam Peckinpah

“Cosa c’è nel sacco, senior? Un gatto … un gatto morto.
Apparteneva a un mio amico”
Stroncato pesantemente dalla critica statunitense alla sua uscita (complice la scelta precedente di Peckinpah di voltare le spalle alla produzione hollywoodiana più sfarzosa dopo grandi successi come IL MUCCHIO SELVAGGIO e STRAW DOGS optando per un film a bassissimo budget), VOGLIO LA TESTA DI GARCIA, un western moderno che anticipa tantissimo del genere ‘pulp’ esploso grazie a Tarantino negli anni ’90 e del cinema crime-bizzarro dei fratelli Coen, è uno dei film in assoluto più influenti e tra i più rivalutati nel corso del tempo, divenendo un vero e proprio cult per gli appassionati del cinema più crudele e privo di speranza alcuna.
Messico. El Jefe, un ricco “fazendero”, scopre che la giovane figlia è stata messa incinta da un suo ex dipendente, tale Alfredo Garcia. Sconvolto dalla rabbia e dal disonore, ordina ai suoi uomini di cercare Garcia e di portargli la sua testa. Come incentivo mette una taglia di un milione di pesos. A città del Messico degli scagnozzi americani che mirano alla ricca taglia sulla testa di Garcia, giungono in un malfamato bar, dove suona il piano e lavora Bennie, un uomo scaltro e pronto a cogliere la prima occasione per fuggire da quella topaia. Bennie si propone di portare loro Garcia in cambio di diecimila dollari (inizialmente è inconsapevole della taglia messa da El Jefe). Grazie alla sua ‘ragazza’ Elita, una prostituta che aveva avuto rapporto con Garcia di recente, Bennie scopre che il ricercato è morto in un incidente stradale. Inizia così un viaggio per i due tra le lande polverose dell’entroterra messicano alla caccia della tomba di Garcia per tagliare la testa al suo cadavere e riscuotere i diecimila dollari. Le cose però, non andranno come previsto …..
Se nella memoria di molti rimangono impressi i dialoghi grotteschi e surreali tra Bennie, un anti eroe moderno coraggioso forte di regole non scritte, e la testa mozzata di Garcia, custodita in un sacco di stoffa prima ed in un cesto di vimini poi, questa pellicola riesce a cambiare pelle come poche altre dell’epoca man mano che avanza, distinguendosi per una violenza sadica (forte dei celebri ralenti del regista nelle sparatorie) e una costruzione psicologica dei vari personaggi , primari (ovviamente Bennie ma anche la sua ‘ragazza) e secondari (la ragazza incinta anche appare solo all’inizio ed alla fine ha tantissimo da raccontare), mai banale e ricca di sfumature, come quello sull’abuso del potere, la corruzione e l’avidità umana. Spesso non considerato da molti un western, VOGLIO LA TESTA DI GARCIA ha tutti i canoni e stilemi del genere, dalle sparatorie all’uso della forza da parte dei prepotenti di turno (El Jefe ovviamente ma anche i motociclisti del tentato stupro a Elita), virando però a sorpresa su territori cinematografici spesso poco affini al genere come il noir ed il road movie. Le atmosfere leggere e blande nella prima parte si tramuteranno in momenti shock e iper violenti nella seconda, dove tutta la tensione accumulata fino ad allora troverà nel finale, senza vincitori e ne vinti, il suo vertice assoluto con una chiusura del cerchio amara ma perfetta. Da incorniciare l’immenso Warren Oates nei panni del protagonista Bennie, una prova destinata a lasciare un segno indelebile nel cinema più sporco e selvaggio degli anni ’70. Se questo non è un capolavoro estremo ….. poco ci manca! VALUTAZIONE 4,5/5

H.E.

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